LETTERIA MONTORO

Irina Tuzzolino

Letteria Montoro, bella, generosa, intelligente, “donna di spiriti liberali”, come recitava la lapide sulla sua tomba  nel  Cimitero monumentale della città  distrutta dal terremoto del 1908,  nacque  a Messina il 19 aprile 1825. Figlia di un fuoriuscito, giovanissima  fu attratta dagli ideali risorgimentali e partecipò alla rivoluzione del 1848 collaborando con il settimanale «L’Aquila Siciliana», e aiutando “i fratelli che combattevano per la redenzione d’Italia”.  Dopo l’infelice conclusione dei moti  decise di seguire i suoi fratelli nell’esilio e “ad essi tornati in patria/ sacrificò cristianamente la vita/ mirabile esempio di fraterno affetto”.  Esclusi dal suo orizzonte mentale marito e figli, dedicatasi totalmente alla cura della famiglia d’origine, Letteria Montoro manifestò una  volontà di azione politica nel  mondo virtuale della letteratura, dove ancora era possibile l’impegno.  Se le testimonianze coeve apprezzarono in lei la poetessa, considerarono però con maggiore interesse Maria Landini, l’unico suo romanzo edito integralmente. Il fatto che fosse  una donna a scrivere e pubblicare romanzi  era , per la realtà siciliana, molto significativo; in una situazione culturale arretrata come quella messinese, quando ancora la maggior parte degli intellettuali si affidavano al testo poetico come mezzo di espressione principale, servendosi fra l’altro di strutture classiche e  di  un lessico arcaico. Maria Landini racconta l’intricata vicenda di una ragazza, Maria, che abbandona la propria casa e i parenti per evitare l’unione con un personaggio ricco e malvagio, il barone Summacola; nella sua fuga rocambolesca viene aiutata dalla famiglia di Roberto Altieri, danneggiata dallo stesso barone. Nella trama sono facilmente riconoscibili elementi manzoniani, per quanto ribaltati di segno: il matrimonio non è il fine ultimo della vicenda ma un male da evitare; la protagonista non accetta le situazioni predisposte da altri, ma oppone ad essi la propria libera volontà. : la successiva fuga, dalla connotazione insieme gotica e favolistica, le tenebre, lo smarrimento nel bosco, il senso di rovina e distruzione che emana dal paesaggio naturale , simboleggia l’ingresso in un altro mondo, una tappa cruciale di morte/ rinascita della protagonista la quale, abbandonato il cerchio sicuro ma angusto della casa, può fare ora esperienza del mondo. Il linguaggio sintatticamente semplice con impasto lessicale di residui aulici e popolarismi sembrano assegnare Maria Landini al genere del romanzo popolare, l’opera invece non è facilmente classificabile: non propone infatti facili soluzioni al male nel mondo, quali l’eroe giustiziere che risolve gli intrighi del feuilleton;presenta al lettore una protagonista femminile che si rifiuta di rientrare nei canoni della ‘fanciulla perseguitata’ di tanti testi romantici, ma porta avanti, sia pure fra dubbi ed esitazioni, una sua battaglia personale; e l’autrice sfrutta la plurivocità inerente al genere per descrivere il momento cruciale di ribellione di Maria attraverso i suoi occhi e le sue parole, mediante un processo di focalizzazione interna. Assolutamente non consolatorio ma piuttosto problematico, questo romanzo storico-contemporaneo intessuto di elementi popolari ebbe   il merito di fornire uno spaccato della vita sociale del tempo, sia pure con i limiti dati da un codice linguistico  legato alla retorica risorgimentale e talvolta poco efficace a livello espressivo. Dietro il personaggio di Maria, coraggioso ed in grado di sfidare le convenzioni, è agevole rintracciare la fisionomia dell’autrice, che condivide con la sua protagonista la dolorosa esperienza dell’esilio, ed una conoscenza più profonda delle cose e degli uomini; nel  romanzo tale ‘cognizione del dolore’ e dell’emarginazione si converte in capacità di  agire nel reale, e di vederlo senza illusioni; nella vita di Letteria diventò, semplicemente,scrittura. La scrittrice fu  apprezzata da Carlo Cattaneo, Giuseppe Pitrè e  da Francesco Guardione che nella sua Antologia poetica siciliana incluse alcune sue poesie.  Dopo l’Unità  Letteria  Montoro pubblicò  alcune delle sue opere    sulla Strenna femminile dell’Associazione filantropica delle Dame Italiane, nella raccolta Poesie di illustri italiani contemporanei , nella Strenna veneziana,  nel volume Candia, pubblicato a cura del Comitato Italo-Ellenico di Messina, dove espresse una partecipazione commossa alle tragiche vicende del Risorgimento greco. Fu  l’unica poetessa messinese chiamata a commemorare, nel 1865, il centenario di Dante. Tuttavia le sue opere sono state dimenticate e disperse. La ricorda la scrittrice di origine messinese Nadia Terranova nel suo ultimo romanzo “Trema la notte”.

 

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