CHE FARÒ SENZA EURIDICE

Romanzo di Carmelo Fucarino ed. Spazio Cultura

(Gabriella Maggio)

Il mito di Orfeo ha segnato profondamente la cultura occidentale nell’ambito della letteratura, dell’arte e della musica. Ḗ naturale, perciò,  che chi come Carmelo Fucarino si è nutrito di letteratura e arte tenda a  dare connotazione simbolica  ad ogni proprio dato esistenziale, sia luogo sia persona. Nel romanzo  il mito antico di Orfeo ha la funzione di dare forma e ordine di rappresentazione alla realtà mutevole e sfuggente della vita, sottraendola ai limiti della logica razionale per avviarla ad una comprensione più alta e complessa. Accanto al testo virgiliano e all’Orfeo ed Euridice di W.Gluck  Che farò senza Euridice  rivela  la lettura  di C. Pavese  in particolare di Feria d’agosto e dei Dialoghi con Leucò.  Come l’Orfeo di Pavese in L’inconsolabile”, uno dei Dialoghi con Leucò, in cui  Orfeo dialoga con Bacca, anche Paolo/ Orfeo il protagonista del romanzo, soffrendo per la perdita di Euridice/Tea, tende più che a riavere la donna a conoscere se stesso :”Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso”. Di  Pavese inoltre si parla esplicitamente nel capitolo Il suicidio della morte :” amo Pavese e lo ammiro”. Rimasto bloccato  in ascensore per una temporanea mancanza di energia elettrica, Paolo si abbandona al flusso dei  pensieri in cui si fondono frammenti della relazione d’amore con Tea, ormai in crisi, lo scontro con la società, la politica, le nuove tecnologie considerate disumanizzanti. Conquistano ampio spazio i ricordi dell’infanzia trascorsa in paese tra le cure amorose della madre, gli animali di casa  e la natura. La memoria dell’infanzia è recupero dell’autenticità perduta, ha una funzione mitopoietica, che sarà compiutamente sviluppata da Carmelo Fucarino  nella recente autobiografia “Il verde melograno” . La trama del romanzo si snoda intrecciando  passato e presente, pensieri e divagazioni di Paolo scritti in corsivo e parti diegetiche del narratore  in grosso. Un episodio scaturisce dall’altro, creando attesa nel lettore e conferendo dinamismo al complesso intersecarsi di concetti, considerazioni di vario ordine  e vere e proprie riscritture   degli amati Petronio e Huysmans. Lo stile è vario, chiaro e fluido, modella  lessico e punteggiatura sul ritmo interiore dell’autore. Il mito di Orfeo è rivissuto nell’oggi da uno scrittore/ protagonista che è pienamente “imbarcato” nel suo tempo.  Non ci sono dei nel mondo “ sono solo miserabili favole dei poeti” (Euripide, Eracle), non c’è alcuna sacralità trascendente, ma l’immanenza  del viscerale rapporto con la madre e con la natura.  L’aura del mito è rimasta però nel cuore dello scrittore e colora di Inferi il buio vano dell’ascensore e i fantasmi che assediano la coscienza del protagonista, di clinica e intervento chirurgico lo smembramento di Orfeo. La casualità domina la vita, orfana di destino che presuppone un ordine teologico. Secondo quanto dichiara lo scrittore il romanzo è stato scritto nel 1981 e quest’anno pubblicato senza alcun cambiamento di trama nè di stile. L’opera Si può collocare nella corrente culturale del Postmoderno per la tendenza a narrare per flash, per la molteplicità dei temi affrontati, per la libera combinazione di passato e presente, per l’affermazione della categoria dello spazio su quella del tempo e infine per  il gioco metaletterario.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy