NICOLA SCAFIDI: LA MEMORIA VISIVA DI PALERMO
Francesco Pintaldi
La serata al Don Bosco dedicata a Nicola Scafidi è stata un omaggio sentito e profondo a un uomo che, con la sua macchina fotografica, ha saputo raccontare Palermo e la Sicilia come pochi altri. Più che un semplice fotografo, Scafidi è stato un testimone della storia, un narratore visivo capace di immortalare attimi fuggenti e di trasformarli in memoria collettiva. Attraverso il suo obiettivo, ha intrecciato cronaca, cultura e vita quotidiana, creando un patrimonio inestimabile di immagini che ancora oggi possono parlare alle nuove generazioni.
Il maestro del tempismo
Nicola, affettuosamente chiamato “Nico”, era dotato di un talento straordinario per anticipare eventi e situazioni, sempre al fianco dei cronisti con cui lavorava. Per lui, ogni scatto era una missione: tornare senza un’immagine significativa non era un’opzione. Con sensibilità e rigore, superava le difficoltà tecniche e catturava l’essenza del momento, dimostrando un impegno che andava oltre la fotografia stessa.
Le immagini che raccontano la storia
Tra i suoi scatti più celebri ci sono quelli legati agli eventi cruciali della Sicilia del dopoguerra. La strage di Portella della Ginestra del 1947, ad esempio, è documentata in fotografie che raccontano il dolore e la lotta di una comunità oppressa. Un altro scatto emblematico è quello del corpo senza vita di Salvatore Giuliano, un’immagine che solleva dubbi sulla scena del delitto e che ha ispirato opere cinematografiche come Salvatore Giuliano di Francesco Rosi.
Oltre ai grandi eventi, Scafidi ha documentato anche la devastazione del “sacco di Palermo”, mostrando le ville abbattute e i cambiamenti urbanistici che hanno segnato la città. Le sue foto hanno raccontato l’evoluzione della mafia, dalla violenza rurale al suo insediamento nei palazzi del potere.
La vita quotidiana e l’arte della denuncia
Scafidi non era solo il fotografo della cronaca, ma anche quello della quotidianità. Ogni lunedì, le sue foto delle partite di Serie A in via Ruggero Settimo attiravano una folla di appassionati. Era il fotografo delle famiglie, delle celebrazioni e delle tragedie, trasformando ogni ritratto in un’opera d’arte.
Ma le sue immagini non si fermavano alla narrazione: erano strumenti di denuncia sociale. Eventi come il caso De Mauro, il terremoto del Belice del 1968 e il “sacco di Palermo” venivano raccontati con un linguaggio visivo incisivo, capace di mettere a nudo le ingiustizie e di invitare al riscatto.
Un patrimonio inestimabile
Oggi, l’archivio di Nicola Scafidi, custodito nella biblioteca del ARS, rappresenta una risorsa unica per comprendere il passato e riflettere sul presente. Le sue fotografie sono un invito a non dimenticare, a guardare alla storia con occhi nuovi e a trarre ispirazione dal lavoro di un uomo che ha saputo rendere eterno ciò che altrimenti sarebbe andato perduto.
Come ha sottolineato l’assessore Anello durante la serata:
“Nicola Scafidi non è stato solo un fotografo. È stato un’istituzione, un pezzo della storia personale e collettiva di Palermo. Grazie a lui, abbiamo conservato una memoria visiva insostituibile.”
L’eredità di un maestro
Il ricordo di Nicola Scafidi vive nei suoi scatti e nei cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. La serata in suo onore è stata un momento di riflessione sulla forza della memoria visiva e sull’importanza di preservarla. Le sue immagini, dense di significato e di bellezza, ci ricordano che l’arte e l’impegno sociale possono davvero cambiare il mondo.