SANT’AGATA E LA CONTESA: LEGGENDA O VERITÀ?

Francesco Pintaldi

Pochi santi ebbero in Sicilia tanto culto quanto n’ebbe per avventura questa nei secoli passati. Palermo e Catania gareggiarono di zelo per onorarla, e palleggiarono di botte e risposte per riuscire a provare come qualmente ella fosse stata palermitana o catanese. L’opinione più comune che essa nacque in Palermo e ricevette il martirio in Catania. A causa perduta i Palermitani si rassegnarono nella persuasione che S. Agata se non fu loro concittadina fu almeno loro visitatrice; e in una delle delle tre chiese a lei dedicate, in quella cioè sopra le mura, additarono sempre non so qual vivo sasso, ove la Santa avrebbe posato il piede e lasciatovi miracolosamente impressa l’orma di esso. Ma questa pia tradizione è molto contrastata, ed uno storico catanese dice che  falsamente si attribuisce dai Palermitani questa pedata a S. Agata. (Pitrè)

Santa Agata è una delle figure più venerate della cristianità, in particolare in Sicilia, dove il suo culto è profondamente radicato. Martirizzata nel 251 d.C. sotto l’imperatore Decio, la sua storia è intrisa di miracoli e leggende che l’hanno resa una delle patrone più amate. Tuttavia, la sua figura è stata anche oggetto di contesa tra Palermo e Catania, città che hanno entrambe cercato di rivendicarne le origini e il culto.

La Festa di Santa Agata a Catania

A Catania, la festa di Santa Agata (3-5 febbraio) è una delle celebrazioni religiose più grandi al mondo, seconda solo alla Settimana Santa di Siviglia. Il punto culminante è la processione delle reliquie per le vie della città, seguita da migliaia di devoti vestiti con il “sacco agatino“, una tunica bianca e una papalina nera. La festa è caratterizzata da eventi spettacolari, tra cui le candelore, grandi ceri decorati portati in processione, e il fercolo d’argento che custodisce le reliquie della santa. Santa Agata rappresenta un simbolo di fede e resistenza per i cristiani. La sua figura, tra storia e leggenda, continua a essere al centro della devozione popolare, e la rivalità tra Palermo e Catania per la sua appartenenza dimostra quanto la sua presenza sia stata fondamentale per l’identità delle due città. La sua festa, ancora oggi, è una delle manifestazioni di fede più imponenti e suggestive del mondo cattolico.

Il Martirio e i Miracoli di Santa Agata

Secondo la tradizione, Santa Agata nacque a Catania o a Palermo ed era di nobile famiglia. Subì terribili torture per non aver rinnegato la sua fede cristiana. Subì tra l’asportazione dei seni, ma si narra che San Pietro le apparve in prigione e la guarì miracolosamente. Morì il 5 febbraio 251. Numerosi miracoli le sono attribuiti, in particolare la protezione contro le eruzioni dell’Etna. Il suo velo fu usato per fermare la lava nel 252 d.C., consolidando la sua fama di protettrice di Catania. Inoltre, veniva invocata per guarigioni miracolose, soprattutto per le malattie del seno.

La Contesa tra Palermo e Catania

La figura di Santa Agata fu motivo di scontro tra Palermo e Catania. Sebbene sia universalmente considerata la patrona di Catania, i palermitani cercarono di rivendicarne le origini attraverso il culto e alcune reliquie. Uno degli episodi più significativi riguarda il furto delle sue reliquie: nel 1040, il generale bizantino Giorgio Maniace le portò a Costantinopoli. Solo nel 1126 due soldati catanesi, Gilberto e Goselmo, riuscirono a recuperarle e a riportarle a Catania.

 

La pedata di sant’Agata

 

Il sasso si trova nella parrocchia S. Agata La Pedata a Palermo

Uno degli elementi più discussi di questa contesa è la cosiddetta “Pedata di Santa Agata“, una tradizione popolare secondo cui la santa avrebbe lasciato l’impronta del piede su un sasso a Palermo. Pitrè, studioso di tradizioni popolari, sottolinea come questo mito sia stato utilizzato per rafforzare il legame tra la santa e il capoluogo siciliano, sebbene storici catanesi abbiano contestato questa versione. Il sasso è conservato nella parrocchia S. Agata La Pedata a Palermo nel centro storico, la piccola chiesa viene anche chiamata nei documenti medievali “de petra”, cioè “della pietra”, con chiara allusione alla particolare reliquia che vi si conserva. Il sasso si trova, in fondo alla navata laterale, la nicchia racchiude una statua di legno policromo del sec. XVIII; sotto l’altare è ben visibile la grossa pietra con l’incavo dell’orma nella parte superiore. Fino al secolo XIX era presente una epigrafe di marmo che sormontava l’arco della Cappella di S. Agata, che recitava:

“Quisquis hic ades, sive hospes Panormi sive cives, agnosce Panormitanae Agatae Virginis integerr. et invictis. Martiris impressum divinitus in silice hac dura vestigium sempiternumque suae patriae monumentum ab optima cive Catanam hinc accitu Quintiani Sicilia Praesidis discendente traditum anno salutis 253 recole ac venerare, et cui mollita sunt saxa molle cor liquetur in lacrimas, nec minus illae proderunt, quam oleum hinc olim effusum ad miracula”.

Chiunque tu sia, ospite di Palermo o cittadino, riconosci l’impronta impressa divinamente su questa dura pietra della Vergine Agata, integerrima e invitta Martire di Palermo, e il perenne monumento della sua patria, tramandato da una nobilissima cittadina, mentre scendeva da qui verso Catania, chiamata da Quinziano, governatore della Sicilia, nell’anno della salvezza 253. Ricordati e veneralo, e a colui per cui le pietre si sono ammorbidite, si sciolga in lacrime anche il cuore, né queste saranno meno utili dell’olio che un tempo sgorgò da qui per i miracoli.

Si racconta infatti che la pietra calcarea nell’antichità trasudasse un olio miracoloso, che veniva effuso in particolare nel giorno della Santa.

Secondo un’antica tradizione agiografica, quando la Santa si reca da Palermo a Catania per subire il processo, fermatasi alle porte della città per allacciarsi un sandalo, lascia impressa un’orma sulla pietra. Secondo un’altra tradizione, da quel sasso sarebbe salita a cavallo per partire. Questa pietra è nota fin dal Medioevo come “lapis Sanctae Agathae” (= Pietra di Sant’Agata): il primo documento che la cita  è del 1261, ma di certo da molto più tempo tutta la zona, allora periferia, prendeva il nome da questa sacra presenza(notizia tratta dal sito ufficiale della parrocchia)

I festeggiamenti in onore di Sant’Agata a  Catania

Oltre a Catania e Palermo, Santa Agata è venerata in molte altre città, tra cui Gallipoli e San Marino. È patrona delle balie, delle nutrici, dei fonditori di campane e delle donne affette da patologie al seno. Nell’arte è spesso raffigurata con un vassoio su cui sono posati i seni recisi e con strumenti del martirio come le pinze. Nei primi giorni di febbraio Catania si anima per renderle omaggio La festa di Sant’Agata è il cuore pulsante di Catania, un evento che mescola fede, tradizione e spettacolo in una celebrazione che ogni anno richiama centinaia di migliaia di persone. Per tre giorni, la città si ferma per rendere omaggio alla sua patrona con una devozione che affonda le radici nella storia. La festa si apre già nei giorni precedenti con momenti di preparazione e di preghiera, ma entra nel vivo dal 3 al 5 febbraio, con una serie di appuntamenti imperdibili:

Programma della Festa

  • 1 Febbraio – Offerta della cera: i fedeli portano ceri votivi in segno di devozione.
  • 2 Febbraio – Processione delle Candelore: si svolge la tradizionale sfilata dei grandi ceri decorati.
  • 3 Febbraio – Carrozza del Senato e fuochi d’artificio: le autorità cittadine sfilano per le strade e la sera il cielo si illumina con spettacolari giochi pirotecnici.
  • 4 Febbraio – Grande Processione notturna: il fercolo con il busto della Santa attraversa la città fino al Borgo, in un percorso che dura tutta la notte.
  • 5 Febbraio – Salita di San Giuliano e rientro in Cattedrale: il momento più emozionante, quando i devoti corrono tirando il pesante carro su una ripida salita, prima che la processione si concluda con il rientro del fercolo nella Cattedrale.

Durante la festa, i fedeli indossano il tradizionale “sacco agatino”, una tunica bianca che rappresenta umiltà e uguaglianza di fronte alla Santa. Per le strade si respira un’atmosfera unica, con bancarelle, canti, preghiere e momenti di grande coinvolgimento emotivo. Non mancano i simboli caratteristici della festa: il velo di Sant’Agata, conservato in un reliquiario, le candelore, enormi ceri artistici portati in processione, e naturalmente i dolci tipici come le “minnuzze di Sant’Agata”, piccoli capolavori di pasta di mandorla e ricotta che ricordano il martirio della Santa, e le olivette, ispirate a un episodio della sua vita.  La festa di Sant’Agata non è solo un evento religioso, ma anche un’occasione per vivere la città nella sua essenza più autentica, tra fede, tradizione e un profondo senso di comunità.

 

 

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