SANTA MARIA DELLA CATENA

Francesco Paolo Rivera *

Durante il Regno di Federico III° di Sicilia o di Trinacria (1273-1337) venne edificata a Palermo una cappella intitolata alla Madonna del Porto, adiacente all’ingresso del vecchio Porto della Città. Tra il 1490 e il 1520 tale cappella venne ricostruita, su progetto dell’architetto “netino” (1) Matteo Carnalivari (2) ed assunse la denominazione di “Chiesa di Santa Maria della Catena”, infatti questa chiesa, che è situata nella parte bassa del Cassaro era “legata alla catena” che si dipanava fino al Castello a Mare (3) e che serviva a chiudere l’antico Porto di Palermo (la Cala), onde evitare l’ingresso di natanti ostili o comunque sconosciuti (4). La chiesa viene definita la più raffinata espressione del gotico fiorito con la nuova arte rinascimentale … il tardo gotico siciliano in cui si mescola l’architettura catalano-aragonese, che insieme a quella arabo-normanna diede vita, nell’Isola, ad una vasta produzione di opere di notevole livello artistico. L’ingresso della chiesa è preceduto da una scalinata di raccordo con la strada (aumentata nel tempo per colmare il dislivello creatosi con l’allungamento della strada del Cassaro). Il portico (tocco) è, a tre arcate sorrette da colonne in marmo, tipico nelle chiese palermitane dei quartieri marittimi, (lo spazio utile era predisposto per gli incontri e gli scambi tra i fedeli.)  Sopra il portico, in una nicchia, la statua di Santa Cristina con una lapide che ricorda, con una iscrizione di Antonio Veneziano, il prodigio della santa che salvò la città dalla carestia; sulla facciata una “cimasa” (nome tecnico della modanatura curva e sporgente a forma di sguscio) in pietra. Sui tre portali della facciata spiccano bassorilievi che raffigurano scene del Nuovo Testamento, all’interno l’impianto di tipo basilicale a tre navate (tipico delle antiche chiese cristiane) separate da colonne in marmo con capitelli corinzi; nel tempo sono state aggiunte, ai fianchi delle due navate laterali, delle cappelle (delle quali dopo i bombardamenti dell’ultimo conflitto sono rimaste integre soltanto quelle di destra). Nella prima cappella di destra, intitolata a Santa Brigida, sull’altare vi è un dipinto del XVII° secolo, realizzato dal pittore Andrea Carrera o Carreca (5), mentre sulle pareti e sulla volta sono affreschi di Olivio Sozzi (6). La Cappella più significativa è quella dedicata alla Madonna della Catena, che corrisponde a quella su cui fu eretta la chiesa, con un affresco trecentesco che raffigura la Vergine che allatta il Bambino (7) rinvenuto durante i restauri del 1990 sotto un altro affresco (8). Il dipinto trecentesco raffigura un “Bambin Gesù” con sembianze da adulto (calvizie incipiente e stempiatura) infatti, secondo la liturgia bizantina non poteva avere sembianze da neonato, in quanto si riteneva che Gesù fosse stato sempre, fin dalla prima fanciullezza, saggio e maturo. Sui pilastrini delle colonne, accanto alla primitiva porta di accesso alla chiesa, sono presenti i ceppi con catene relativi all’evento miracoloso che salvò la vita dei condannati a morte nel 1391. Molto interessante la cappella dedicata alla Madonna delle Grazie con le statue e i rilievi di Antonello e Vincenzo Gagini (9), del bassorilievo raffigurante la “Crocefissione sul Golgota”, pure di scuola gagginiana e l’edicola con la “Incoronazione della Vergine” (proveniente da una chiesa dedicata a San Nicolò alla Kalsa oggi non più esistente a seguito del terremoto del 1823) e affreschi attribuiti a Olivio Sozzi. Quindi, la Cappella della “Natività”, con al centro un opera “caravaggesca” che rappresenta “L’adorazione dei Pastori” e alle due pareti laterali due affreschi che rappresentano, quello a destra, “La Strage degli Innocenti“ e quello a sinistra “La Circoncisione di Cristo”.L‘esterno è in conci di tufo squadrato, a quell’epoca un metodo di costruzione piuttosto avanzato (10). Una volta all’esterno della Chiesa si trovava la così detta “Porta della Doganella” la prima delle cinque porte lungo il muro dell’Arco della Cala, aperta nel 1570, che consentiva di immettersi in piazza Marina, per il passaggio delle merci e il pagamento delle gabelle (11). Questa porta fu aperta nel 1530 e nel 1628 per disposizione del vicerè Francesco Fernandez de la Cueva, duca di Alburquerque venne ricostruita con pietre tufacee d’intaglio (pietre incise in modo concavo), decorata con pilastri, cornici, fasce, architravi, mensole e fregi, sormontata da un’aquila in marmo, con le ali spiegate e in petto l’arme reali, e due scudi raffiguranti, uno le armi del Senato e l’altro quelle del Vicerè. Il Senato decretò di chiamarla col nome del Vicerè, “Porta di Alburquerque” ma (forse per la difficoltà di pronunciare tale nome) venne subito denominata “Porta della Dogana” o “Porta della Doganella” e in lingua siciliana “Duaniedda”.  Nel 1630 dalla porta ebbe inizio una suntuosa cavalcata per la festa di San Gaetano, che attraversando la città arrivò fino alla Chiesa di San Giuseppe (ai Quattro Canti). Nel 1848, a seguito dei moti rivoluzionari antiborbonici, vennero distrutti e la Porta e la Statua di Filippo V° di Spagna.

Lions Club Milano Galleria – distretto 108 Ib-4

Note:

1)in lingua italiana “netino”, è colui che è nato o residente a Noto in provincia di Siracusa, che in lingua siciliana si definisce “nuticianu”;

2)”con la collaborazione di tre validissimi “fabbricatori” (capi mastro) Antonio Belguardo di Scicli, (attivo oltre che a Palermo, anche a Trapani e Partinico), e Antonio Scaglione (con i quali due pare abbia collaborato nel 1499 nella ristrutturazione del duomo di Cefalù) e Niccolò Grisafi (definito capo mastro di talento, che collaborò nella costruzione del Palazzo Abatellis e sostituiva il Carnilivari quando questi era impegnato in altri lavori). Il “Capo mastro” di quell’epoca era una figura diversa di quello di oggi, era infatti una figura centrale che dirigeva i progetti di costruzione (un precursore dell’architetto e dell’ingegnere moderno);

3)era il più importante baluardo difensivo del porto di Palermo, a ridosso della Cala, edificato in epoca araba. La struttura costruita in epoca normanna da Roberto il Guiscardo, fu residenza del Re Federico III° di Sicilia e sede delle prigioni; ospitò i tribunali dopo il “Giuramento di Castronovo” fino al 1598; fu anche sede del Tribunale dell’Inquisizione prima che fosse trasferito a Palazzo Steri nel 1601. Nel 1583, a seguito dello scoppio di due polveriere, vi morì il famoso poeta Antonio Veneziano (ivi rinchiuso per scontare una pena). Nel 1722 sulla piazza antistante fu eretta la statua di San Giovanni Nepomuceno, realizzata da Tommaso Maria Napoli (1659-1725), religioso, architetto, ingegnere, matematico, uno dei protagonisti del barocco siciliano, poi trasferita nella cappella della Chiesa di San Giovanni dei Militari. Durante l’occupazione del 1860 l’intero Castello a Mare fu assaltato dalla popolazione e demolito su richiesta di Garibaldi;

4) esiste anche una antica legenda secondo la quale la chiesa venne edificata a ricordo di un avvenimento risalente al 1392, sotto il regno di Martino I° re consorte di Sicilia: tre innocenti, condannati a morte, venivano accompagnati al patibolo (montato sul piano della Marina), quando un violentissimo temporale costrinse condannati e guardie a rifugiarsi entro la chiesetta, ove a seguito delle preghiere dei tre condannati, le guardie si addormentarono, le catene si sciolsero e i condannati furono liberati. Il Re, avuta notizia dell’accaduto, ordinò la liberazione dei prigionieri, e accompagnato dalla Regina e dalla Corte intera, si recò a rendere onore alla “Vergine misericordiosa” ritemuta autrice del miracolo;

5) (1590-1677) che ha operato soprattutto a Trapani ed è presente anche nel duomo di Palermo e a Casa Professa;

6) (1690-1765) allievo di Sebastiano Conca (1680-1764, pittore napoletano residente a Roma). Nel 1763 venne chiamato a Ispica da Francesco Saverio Statella (dei p.pi di Malvagia, famiglia storica dell’aristocrazia siciliana) per decorare a fresco la Basilica di Santa Maria Maggiore: qui realizzò i 26 affreschi della chiesa, considerati tra i massimi capolavori del XVIII° secolo in Sicilia. Morì nel 1765 cadendo da una impalcatura della Cappella dell’Assunta, mentre stava ritoccando, col genero Vito D’Anna, gli affreschi della basilica di S. Maria Maggiore;

7) pare che si tratti dell’immagine della Madonna alla quale si rivolsero i condannati a morte dell’avvenimento “leggendario” del 1392, sopra descritto;

8) che serviva a nascondere il seno nudo della Madonna che lo allattava … secondo i dettami del Concilio di Trento;

9) rispettivamente padre (1478-1536) e figlio (1527-1595) esponenti della famiglia “gaginiana” di scultori statuari e architetti del rinascimento siciliano;

10 )erano le rocce di origine vulcaniche che venivano estratte manualmente e squadrate con grandi seghe, che avevano caratteristiche di leggerezza e di facilità di lavorazione, erano permeabili e trattenevano facilmente la malta;

11) accanto a questa Porta esisteva un monumento equestre di Filippo V° di Spagna, opera dello scultore Giovan Battista Ragusa (morto nel 1727) autore di opere in Santa Maria in Valverde, Santa Caterina di Alessandria, S. Francesco d’Assisi, e Cattedrale e autore della colonna dell’Immacolata di piazza San Domenico,) su piedistallo disegnato dall’architetto Paolo Amato ((1634-1714) autore di progetti per macchine e apparati teatrali).

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