IL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI

Ciro Cardinale*

Il mantenimento dei figli maggiorenni ancora non economicamente autosufficienti è sempre causa di possibili scontri tra genitori e figli e tra i genitori, circa le modalità di adempimento e l’ampiezza di questo obbligo-diritto e i suoi limiti. Per comprenderne meglio la portata, possiamo farci aiutare da una guida autorevole, la Corte di cassazione, che ha affrontato proprio questo argomento in una recente decisione.

Il fatto. Un giovane studente universitario non ancora economicamente autosufficiente abita con la mamma dopo il divorzio dei genitori. Ad un certo punto decide però di andare ad abitare da solo, chiedendo quindi un aiuto economico ai due genitori con un assegno di mantenimento, da versare in proporzione alle loro capacità economiche. Nasce allora una lite tra madre e figlio e il caso finisce in tribunale, che riconosce al figlio il diritto a vivere da solo e l’assegno di mantenimento. La madre, non soddisfatta della decisione, la contesta in appello, sostenendo di non dovere nulla al figlio, avendogli sempre offerto la possibilità di vivere con lei sotto lo stesso tetto. I giudici di secondo grado le danno ragione almeno in parte, revocando sì l’assegno di mantenimento al figlio, ma imponendo alla madre la partecipazione alle spese straordinarie del figlio il quale, non contento, decide di ricorre in Cassazione.

La decisione. La Corte suprema, investita della questione, dà ragione al figlio, stabilendo due principi fondamentali: 1. il mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti economicamente non può essere assimilato all’obbligo di dare gli alimenti, previsto dal codice civile all’articolo 438 in favore di “chi versa in istato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento”, avendo portata più ampia, per cui il genitore non può unilateralmente decidere di adempiere al suo obbligo verso il figlio accogliendolo in casa anziché versargli un contributo economico, come invece stabilisce l’articolo 443 per l’obbligo alimentare; 2. per stabilire l’entità del mantenimento è necessaria una valutazione complessiva delle risorse economiche di entrambi i genitori, tenendo conto anche del tenore di vita del figlio durante la convivenza familiare, in modo da distribuire l’onere equamente tra i due genitori. Il mantenimento del figlio maggiorenne non può essere assimilato al semplice obbligo alimentare, avendo un contenuto molto più ampio. Esso non si deve limitare al solo vitto e alloggio, ma deve comprende anche le spese per l’istruzione e la formazione professionale, per le attività ricreative e per tutto ciò che concorre alla crescita armonica del figlio. Di conseguenza, il genitore non può decidere autonomamente di adempiere il suo obbligo verso il figlio accogliendolo semplicemente in casa e dandogli da mangiare e vestire, poiché il suo mantenimento deve essere valutato in senso molto più ampio, anche in base alle esigenze del giovane.

Conclusioni. Da questa pronuncia della Cassazione possiamo trarre allora queste utili conclusioni: il genitore non può sottrarsi all’obbligo di contribuire economicamente alla crescita del figlio semplicemente ospitandolo in casa e dandogli vitto e vestiario, perché il diritto del figlio a un sostegno economico non si esaurisce nella sua mera assistenza alimentare, comprendendo tutte quelle spese necessarie per il suo sviluppo personale e professionale; l’onere del mantenimento del figlio deve ricadere su entrambi i genitori in proporzione alle rispettive possibilità economiche.

* Lions club Cefalù

 

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