Andromaca e Filottete protagonisti della tragedia greca tra emarginazione e riscatto sociale.

(Daniela Scimeca)

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Andromaca e Filottete sono i protagonisti di quest’anno, in occasione del XLVII ciclo di rappresentazioni classiche nel meraviglioso contesto del teatro greco di Siracusa. Nell’azione drammatica, Andromaca e Filottete sono emarginati dalla società, l’una principessa-schiava donata a Neottolemo come bottino di guerra, l’altro eroe e combattente valoroso abbandonato dai compagni a causa di una ferita che lo rende inabile alla guerra. Andromaca si presenta all’inizio della scena come una donna forte ed equilibrata che ha saputo accettare la sua condizione con rassegnazione, in lei sono riconoscibili virtù e saggezza che vengono immediatamente contrapposte alla fragilità e all’impulsività di Ermione, sposa ufficiale di Neottolemo.

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La differenza tra le due donne che si contendono lo stesso uomo viene sviscerata appieno in un animato dialogo tra le due fatto di punti di vista differenti e accuse reciproche. Andromaca invoca il buon senso e cerca di tranquillizzare la rivale, il suo status di straniera infatti le da solo deboli garanzie; Ermione dal canto suo accusa la sua rivale di utilizzare arti magiche per renderla sterile e accaparrarsi l’amore del marito. Il botta e risposta continua in un climax ascendente che arriva fino alle offese più gravi ricordando le vicende di Elena, madre di Ermione e ciò che da lei è stato scatenato, prima fra tutti la guerra di Troia. Ma il tema del doppio talamo e dei diversi aspetti della femminilità serve a Euripide per introdurre un’altra riflessione: quella sul comando della polis. Portavoce della riflessione è il coro che afferma che il comando deve essere affidato ad uno e non a due o più persone, le quali generano sempre confusione e non permettono di governare al meglio. Euripide prende così le distanze da gruppi estremisti e litigiosi in favore di una politica più oculata improntata sulla saggezza. L’uccisione di Neottolemo da parte dei delfici libera idealmente le due donne dai contrasti coniugali e dona loro un diverso uomo per ciascuna affinché possano godere dell’amore senza gelosie e invidie reciproche.

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Filottete porta in campo un altro aspetto del contrasto tra uomo e società. Lui emarginato e abbandonato dai compagni, all’improvviso, per volere degli dei, diviene indispensabile per il buon esito della guerra. Egli incarna i panni dell’eroe tragico che, pur non sapendolo, porta su di se il peso di un destino che gli darà gloria e onore. Il suo atteggiamento è altalenante, Filottete oscilla tra la rabbia per l’essere stato abbandonato e la rassegnazione di un destino che lo ha relegato ai margini della società, intrappolato su un’isola. Il suo conflitto interiore tra sentimenti provati e dovere verso una causa comune lo rende fin troppo umano e la sua coerenza di fronte agli inganni di Odisseo e la persuasione di Neottolemo gli conferiscono forza scenica e lo pongono al centro dell’azione. Sofocle contrappone l’opportunistica dialettica dell’astuto Odisseo all’emarginazione del diverso che viene allontanato perché si rivela improduttivo e inadatto a condividere la vita della società.

Ma Sofocle vuol dare un’altra possibilità al protagonista affidandogli il compito fondamentale di poter cambiare le sorti della guerra, così quello stesso emarginato diviene poi indispensabile per la società stessa che lo aveva relegato ai margini, tanto che è necessario l’intervento del deus ex machina Eracle che rivelando il destino glorioso che gli dei hanno riservato a Filottete, dopo tante sofferenze, lo convincerà a salpare e a compiere il volere degli dei e degli uomini. In questa tragedia non vi sono uccisioni né morti ma solo la consapevolezza che i migliori sono sempre i primi a sacrificarsi per le cause comuni, i più furbi rimangono vivi e utilizzano le loro capacità a proprio vantaggio, ma nonostante tale ingiustizia si può comunque sperare nel bene e in un destino comune a tutti gli uomini. La memoria di uomini virtuosi come Aiace e Achille rimarrà sempre viva nella mente dei vivi che di loro si ricorderanno e da loro prenderanno esempio.

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