UN SEGNO DI MATITA

(Daniela Crispo)

Matite Blackwing

Oggi matita e lapis sono  considerati sinonimi e il secondo termine è meno usato del primo. Ma una differenza in origine c’è stata. Nel XVI secolo lapis ematiti, pietra  di ematite, un minerale ferroso di colore rossastro, indicava la sanguigna usata nel disegno. Matita deriva dall’antico amatita, dal latino haematites  a sua volta dal greco αίματίτης, il  lemma compare un’unica volta nel Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) per indicare una pietra tenera, come gesso, di colore rosso o nero.  La storia della matita, come l’usiamo ancora, inizia nel 1664 quando a Cumberland in Inghilterra viene  scoperto il primo giacimento di grafite.  Dopo aver notato che la grafite lasciava un segno ben marcato ma facilmente cancellabile, venne usata per marchiare il bestiame e successivamente per scrivere in sostituzione alle penne. Dalla metà del ‘700 si  mette a punto la produzione delle matite. Nel 1761 Kasper Faber fonda a Norimberga un’azienda che produce matite che ancora oggi usiamo le Faber- Castell.

Successivamente a Vienna nel 1790  Joseph Hardtmuth produce le matite Koh-I-Noor, dal nome del famoso diamante indiano. Nell’Ottocento  J.S: Staedtler fonda a Norimberga la sua  fabbrica sempre ancora prestigiosa. Nel ‘900 si fondano  altre fabbriche, nel 1920  la F.I.L.AFabbrica Italiana Lapis e Affini;

nel  1931 la Soc. An. Matita Nazionale Pennino Nazionale  rimasta in attività fino al 1952.

 

Le   matite più famose tra gli artisti e gli  scrittori  sono  prodotte  dalla Blackwing, azienda statunitense fondata nel 1930. Con la  Blackwing 602  in legno di cedro della California, grafite giapponese e gomma, piatta, sostituibile,  Leonard Bernstein ha composto “West Side Story”, John Steinbeck ha scritto “La Valle dell’Eden”, Vladimir Nabokov il romanzo “Lolita”  ed il premio Oscar Chuck Jones ha disegnato “Bugs Bunny” il mitico coniglio della Warner Bros. Hemingway riteneva che adoperarla era un vero comandamento per uno scrittore. Umberto Eco ha descritto  Bruno Munari mentre traccia dei segni su alcune foto con la mitica matita Blackwing 602.

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