Per caso: terza parte

racconto di

Gabriella Maggio

Vittorio non può stare fermo. Deve muoversi. Va verso la parete. Apre la piccola cassaforte a incasso, che per fortuna ha trovato già istallata nell’ufficio-casa, estrae la sua pistola, l’esamina, la pulisce, inserisce il caricatore. Meglio averla pronta.  La posa sul tavolo, poi infila il gilet di cotone, senza maniche, comodo, con tasche ampie e in una fa scivolare  la pistola. Con le dita irrigidite dall’ansia sfiora il taschino della camicia dove distrattamente ha infilato il biglietto comprato al  bar. Comincia a guardarlo, non sa nemmeno quando avverrà l’estrazione, né come. Improvvisamente  gli pare di notare dei segni accanto alle lettere ed ai numeri intorno alle immagini del biglietto. Pensa che siano casuali, dovuti agli artigli della cassiera o a quelli di qualche cliente a cui è stato offerto  prima di lui. Prende la lente d’ingrandimento, che tiene sempre sul tavolo, esamina i segni con maggiore attenzione. Non sono  casuali, ne è sicuro.  Sono ordinati e ben nascosti, sono lettere a stampatello che compongono la parola “ quadrante”. ( CONTINUA)

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