Per caso: sesta parte

(Gabriella Maggio)

Ho visto la prima volta Vittorio per caso, mentre usciva dal portone e camminava svelto sotto gli alberi della strada in direzione del bar dell’angolo. Non passava inosservato. L’espressione del viso ed il portamento erano quelli di chi ha dato ordini per anni e continua, senza farci caso, per abitudine. L’altezza metteva in risalto le spalle cascanti e la camicia stinta,  floscia sui magri muscoli delle braccia. Le scarpe sciupate insieme alle ciocche di  capelli  biondi, misti a  bianchi e castani, lunghe sul collo, completavano un aspetto che voleva apparire modesto e trasandato. Altre mattine l’avevo notato mentre faceva colazione al bar dell’angolo o ritornava a passo svelto col giornale arrotolato nella mano destra. La rapidità dei passi e l’atteggiamento guardingo rivelavano una certo timore di restare a lungo sulla strada e di essere notato. Forse si era trasferito da poco in uno dei piani interrati dello stabile, al di sotto degli ammezzati. Per risparmiare o per confondere le sue tracce sembrava sfruttare il locale di giorno come ufficio per non meglio precisati “Servizi globali” e nelle altre ore come abitazione. ( continua)

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