Quando la posta si chiamava Correria (II)

(Renata De Simone)


“Arrivando il Corriero ordinario con le lettere, dovrà il Locotenente con ogni attenzione e sollecitudine ripartirle a parte, dove non possa entrare nessuno e medesimamente non permettirà che alcuno entrasse nella stanza dove si doveranno distribuire ditte lettre per non succedere fraude in pregiudizio della fedeltà publica”
Passando poi alla “cura [che] si deve avere nel ricapito di qualunque lettra diretta a persona particolare”, viene condannato l’uso di rimettere nel mazzo delle lettere quelle non distribuite, senza rendere conto del motivo della mancata distribuzione e si   ordina ai corrieri di usare tutta la diligenza possibile nel recapito delle lettere e solo nel caso che non si riesca a rintracciare in alcun modo il destinatario, si riportino ai Luogotenenti di Palermo e di Messina, annotando il motivo del mancato recapito. Il passo che segue riguarda poi la sollecita spedizione della missiva.
“Arrivando il Corriero ordinario dovrà il Locotenente darci sollecita spedizione per potere passare innante, senza esserci ammessa l’escusa che mangiasse o dormisse, poiché in qualunque ora dovrà scommodarsi per l’effetto suddetto, mentre il commodo pubblico si deve preferire al privato”.
Stabilite le tariffe per lettere “sensiglie”, cioè di un solo foglio e per quelle con “sopracarta”, e aver richiesto il nome del mittente sotto l’affrancatura, si elencano i privilegi che spettano ai corrieri, il modo di elezione degli stessi, i casi di franchigia postale, limitati alle più alte cariche del Regno.
“Il Posto della Correria”, continua il testo,”seu Casa dove si distribuiranno le lettere, doverà essere in parte pubblica e più comoda a quelli abitanti, dovendosi in tutto riguardare la pubblica utilità, mentre per tale fine è introdotto l’officio di Corriero Maggiore”
Diverse poi le raccomandazioni che riguardano l’obbligo della segretezza, contenute  nelle Istruzioni ai “Distributori di lettre delle città e terre del Regno”
“Dovrà stare avvertente il Distributore delle lettre che nella stanza dove tiene e distribuisce le lettere non lasci entrare a nessuno per non succedere fraude, in detrimento della fedeltà pubblica, essendo l’officio assai geloso”.
Ai Corrieri straordinari, infine, si raccomanda di partire immediatamente, sia di giorno che di notte, e consegnare di persona il dispaccio, ritirando la ricevuta in coda al “Parte”[il visto, unito al sigillo dell’ufficio di Correria, che accompagnava la posta raccomandata ], annotando il giorno e l’ora dell’arrivo.
Particolare cura veniva attribuita alla missiva giudiziaria. A proposito degli obblighi del Luogotenente, il testo così recita:
“Non riceva scrittura o civile o criminale che prima non sia ben sigillata e con l’occhio di sopra ad istanza del Fisco o di parte. Le ricevute, che doveranno fare alli Mastri Notari per la consegna di dette scritture, dovrà essere una semplice ricevuta privata nella giuliana [indice di scritture], di mano di detto Locotenente”
Il trasporto avveniva via terra e via mare: dal 1686 le feluche dei dispacci collegavano la Sicilia a Napoli, da dove poi i corrieri proseguivano per Roma .
Il legislatore raccomanda, nelle soste necessarie, una costante vigilanza alle “baligie” contenenti la missiva da recapitare.
Il percorso da Palermo a Messina era ricoperto in tre  giorni per la via delle marine, passando da Termini, Cefalù, Finale, Castel di Tusa, S.Stefano, Caronia, Acque Dolci, S.Agata,Torrenova, Scinà, Patti, Milazzo, in quattro per la via delle montagne, passando per Termini, Scillato, Polizzi, Petralia, Nicosia, Traina, Cesarò, Bronte, Randazzo, Francavilla e Taormina, cinque giorni occorrevano da  Palermo a Siracusa, quattro  da Palermo a Catania, da dove altri corrieri partivano per Aci Reale e Casali e tre per Marsala, dove venivano lasciate lettere per Mazzara, Salemi e Castelvetrano.
Considerando che il viaggio avveniva a piedi e a cavallo e date le condizioni di viabilità dell’epoca, chi se la sentirebbe di considerare inefficiente un simile servizio postale?

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