NEL CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA

(Gabriella Maggio)

Un antico disegno del panorama di Bronte: così doveva apparire, arrivando da Catania, il paese  all’epoca dei fatti (da un disegno della Storia della città di Bronte  di Gesualdo De Luca, Milano 1883).

SCRITTORI A CONFRONTO

I FATTI DI BRONTE

G. VERGA E G. CESARE ABBA

GIUSEPPE CESARE ABBA “Da Quarto al Volturno”

22 maggio. Ancora a Parco.

Mi son fatto un amico. Ha ventisette anni, ne mostra quaranta: è monaco e si chiama padre Carmelo. ……..L’anima di padre Carmelo strideva.
Vorrebbe essere uno di noi, per lanciarsi nell’avventura col suo gran cuore, ma qualcosa lo trattiene dal farlo.
– Venite con noi, vi vorranno tutti bene.
– Non posso.
– Forse perché siete frate? ……..- Verrei, se sapessi che farete qualche cosa di grande davvero: ma ho parlato con molti dei vostri, e non mi hanno saputo dir altro che volete unire l’Italia.
– Certo; per farne un grande e solo popolo.
– Un solo territorio…! In quanto al popolo, solo o diviso, se soffre, soffre; ed io non so che vogliate farlo felice.
– Felice! Il popolo avrà libertà e scuole.
– E nient’altro! – interruppe il frate: – perché la libertà non è pane, e la scuola nemmeno. Queste cose basteranno forse per voi Piemontesi: per noi qui no.
– Dunque che ci vorrebbe per voi?
– Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi contro gli oppressori grandi e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni città, in ogni villa.
– Allora anche contro di voi frati, che avete conventi e terre dovunque sono case e campagne!
– Anche contro di noi; anzi prima che contro d’ogni altro! Ma col Vangelo in mano e colla croce. Allora verrei. Così è troppo poco. Se io fossi Garibaldi, non mi troverei a quest’ora, quasi ancora con voi soli.
Non seppi più che rispondere e mi alzai…..”

GIOVANNI  VERGA    Libertà  da Novelle rusticane

G. Verga narra  la rivolta dei contadini di Bronte nella novella Libertà, pubblicata il 12 marzo 1882 su “La domenica letteraria “ e l’anno seguente nella raccolta delle “Novelle  rusticane”. Viene spontaneo mettere accanto alle parole di Padre Carmelo riportate da G. Cesare Abba, “ la libertà non è pane, e la scuola nemmeno. Queste cose basteranno forse per voi Piemontesi: per noi qui no”. E le parole del carbonaio alla fine di Libertà :” In galera? O perché? Non mi è toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c’era la libertà!….” Evidentemente per i contadini di Bronte come per li personaggio di Abba  libertà è libertà dal bisogno. In contesti diversi i due scrittori affrontano l’argomento della riforma agraria. Semplice la posizione di Abba che pure sembra capire la situazione di miseria del popolo contadino indicata  dal sacerdote: “Non seppi che rispondere “ Più profondo ed articolato il pensiero di Verga che rappresenta la rivolta contadina dal punto di vista del proprietario terriero che guarda con diffidenza la ribellione delle masse e la divulgazione di idee socialiste, tanto da eliminare un personaggio come l’avvocato Lombardo, socialista, che aveva guidato l’inizio della rivolta. Verga punta dritto sulle conseguenze  e nulla concede alle ragioni che le hanno generate. E vede con favore la repressione della rivolta, alimentata nel suo  racconto da mire personali ed egoistiche, e attenua la dura repressione di Bixio “ Il generale fece portare della paglia nella chiesa, e mise a dormire i suoi ragazzi come un padre”. La narrazione verghiana è imprecisa non perché lo scrittore non conosce esattamente come si svolsero i fatti, ma perché opera una scelta funzionale al suo punto di vista, insistendo sull’insensatezza di tanta violenza e sull’inutilità di qualsiasi miglioramento.

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