VERGA- SCIASCIA-RADICE

(Gabriella Maggio)


In “Verga e la libertà” , La corda pazza, scrittori e cose di Sicilia , Adelphi, Milano 1991, pagg. 89-106, Leonardo Sciascia analizza la novella “Libertà”, mettendone in luce alcuni aspetti che sembrano obbedire più che alla poetica del vero dell’autore ad “una mistificazione risorgimentale cui il Verga, monarchico e crispino, si sentiva tenuto”. All’epoca dei fatti di Bronte lo scrittore verista aveva vent’anni, era, quindi, un testimone attento di quel che accadde, certamente in grado di “ricordare”, anche dopo altri vent’anni, “Libertà” è del 1882, lo svolgersi degli eventi che tanto lo interessavano da un punto di vista ideologico. Gli indizi di questa mistificazione, sarebbero contenuti in alcuni particolari. La sostituzione del pazzo, Nunzio Ciraldo Fraiunco, con il nano, perché, dice Sciascia, il pazzo mantiene sempre nella tradizione popolare una “ sacertà”, che manca al nano “deforme”, malizioso e cattivo. Si legge infatti nella novella :“ E subito ordinò che gliene fucilassero cinque o sei il nano, Pizzanello, i primi che capitarono”. Assente dalla novella verghiana è anche la fucilazione dell’avvocato Lombardo, “personaggio inquietante” per la coscienza del “galantuomo” G. Verga, come sottolinea Sciascia. Infatti Lombardo, “galantuomo liberale”, era stato confuso con i borbonici durante la rivolta. Tacere di Lombardo significava discolpare implicitamente Bixio, zelantemente succubo della “Ragion di Stato”. Infatti la Duchessa di Bronte, che in quel periodo si trovava in Inghilterra, e gli amministratori del feudo Guglielmo e Franco Thovez, avevano sollecitato il console inglese a intervenire presso Garibaldi affinché suggerisse a Bixio una dura repressione della rivolta. L’impresa garibaldina era vista con simpatia dall’Inghilterra e Garibaldi che non poteva alienarsi le simpatie internazionali.

Scrive Benedetto Radice ( nella foto) in “ Nino Bixio a Bronte” nel II° volume delle Memorie storiche di Bronte :”Quando fu fucilato ( l’avv. N. Lombardo, n.d.r.) nessuno sospettò che ciò fosse avvenuto perché reputato borbonico, ma invece come eccessivamente rivoluzionario; e molti ebbero ragione di credere che quella fucilazione abbia avuto causa in un fatale errore di Bixio, il quale in quel momento febbrile accolse come verità iniqui istillamenti fattigli dai nemici del Lombardo”(ma ad evitare il «fatale errore» Lombardo aveva detto a Bixio: «Domandi a Catania chi sono io»). “Ordinato lo scioglimento e la ricostituzione dei Consigli civici, e la formazione della Guardia Nazionale, […] esclusi dai consigli tutti i favoreggiatori diretti e indiretti della restaurazione borbonica, […] l’avv. Nicolò Lombardo, sostenitore e capo dei comunisti, recò nelle sue mani il potere e mise ad effetto la tanto bramata divisione ( delle terre). La forza della rivoluzione ed i decreti del Dittatore gli davano cagione a sperare di sgominare e sopraffare il vecchio partito….Era pure nella coscienza del popolo che la rivoluzione avrebbe sequestrato a beneficio della comunità i beni della ducea Nelson. Caduto il Borbone, dicevasi, sarebbe caduta anche la donazione da lui fatta non su beni propri, ma sul donativo del milione datogli dal Parlamento Siciliano nel 14 settembre 1794”. Conclude L. Sciascia :” Sui fatti di Bronte …gravò la testimonianza della letteratura garibaldina e il complice silenzio di una storiografia che l’ avvolgeva nel mito ….finchè il prof. Radice non pubblicò …una monografia intitolata Nino Bixio a Bronte…mosso da carità del natio loco”. L’anniversario dell’Unità d’Italia è l’ occasione per divulgare la verità di Bronte o di qualsiasi altro luogo in cui gli eventi divennero tragedia ingiusta, non per sminuire l’importanza e la generosità dei vari protagonisti, ma per non “santificarli” più, rendendoli poco credibili e lontani, perduti in un’atmosfera di perfezione che ce li rende estranei.

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