Omaggio a Giorgione (nel quinto centenario della morte).

(Tommaso Aiello)

(parte prima)

Chissà che cosa avrebbe potuto ancora realizzare,di meraviglioso,Zorzi o Zorzòn da Castelfranco veneto,meglio conosciuto in tutto il mondo come Giorgione(Giorgio Barbarelli),se la terribile peste del 1510 non l’avesse consumato e condotto alla morte,a Venezia,all’età di poco più di trent’anni.
Forse avremmo potuto ammirare altri capolavori universali come quelli che il suo genio ha saputo creare e,inoltre,oggi ne sapremmo di più della vita,delle origini,della sua idea dell’arte in generale e della pittura in particolare.Quando morì,vittima di una delle temutissime epidemie che con frequenza e senza pietà colpivano in ogni parte dell’Europa, era il periodo d’oro della Serenissima,
che di lì a qualche anno avrebbe raggiunto la sua massima espansione.Ma se la biografia di questo grande pittore è rimasta avvolta in un alone di mistero,non altrettanto può dirsi della sua opera,
considerata realmente rivoluzionaria e geniale,capace di segnare una svolta epocale nella pittura,e di influenzare schiere di artisti venuti dopo di lui,con la potenza lirica della sua espressione artistica,il modo di usare il colore e il nuovo equilibrio instaurato tra uomo e natura.Il Giorgione è annoverato tra i massimi protagonisti dell’arte italiana di ogni tempo,tra i pochi eccelsi che hanno lasciato un segno indelebile e imprescindibile per gli sviluppi della storia artistica dopo di lui.
A Venezia,all’inizio del XVI secolo,la nuova visione del mondo rivelata da Giovanni Bellini si afferma nell’opera pittorica di due artisti eccezionali:Giorgione da Castelfranco,appunto,e Tiziano Vecellio.Mentre ancora nelle botteghe della Laguna,nelle regioni marchigiane o lombarde dominate dalla Serenissima,continuavano a essere prodotte opere ispirate allo stile padovano,Giambellino e Antonello,con i loro seguaci,avevano aperto una nuova finestra sul mondo:le figurazioni tardogotiche e quelle rinascimentali,ispirate all’antico,cedevano il posto a immagini pervase di un terreno e umanissimo sentimento patetico e la natura si faceva spettacolo di colori luminosi.Il misterioso Giorgione si forma su questa nobile tradizione,avvicinandosi anche ai modi finemente descrittivi del Carpaccio e alla composta classicità di Lorenzo Costa:ma è difficile stabilire notizie precise su di lui;i contorni storici della sua figura sembrano evanescenti come i contorni delle sue figure dipinte,immerse tra le soffuse penombre dei paesaggi vagamente tratteggiati fino all’estremo limite dell’orizzonte.Al raggiungimento di questa particolare palpitazione di atmosfera,che priva la forma di ogni materiale consistenza,non è estranea l’influenza di Leonardo,ma Giorgione va ben oltre e per la prima volta dipinge quadri<>, come la cosiddetta Tempesta,o i Tre filosofi,
nei quali la stessa difficoltà di indicare cosa il soggetto rappresenti è un chiaro indice di come il pittore si preoccupi meno del tema sacro e profano che del tema naturale.vero protagonista nella sua infinita varietà di suggestioni nate dal colore e dalla fantasia.

Giorgione – La tempesta.(cm.82×73)

Venezia,Gallerie dell’Accademia.

Le solitarie figure penetrano nell’atmosfera serale fino a perdersi in essa; tutto, uomo e paesaggio,vibra di un’intensa e trepidante emozione; un fascino sottile, un incantesimo che sembra nascere ai confini fra realtà e sogno, pervade la composizione:il colore corrode la forma per distendersi in tutta la ricchezza delle sue infinite variazioni e diventa la sostanza stessa del dipinto. E tra gli intrecci della vegetazione e le incrostazioni delle rocce vischiose sembra di trovare la presenza di mostruose figurazioni, subito smarrite tra inquiete penombre.
L’interpretazione del soggetto è senz’altro legata ai dotti amici del committente, il nobile veneziano Gabriele Vendramin, e le ipotesi degli storici dell’arte si sprecano: raffigura Paride, Adamo ed Eva dopo la cacciata dal paradiso terrestre, una scena mitologica ispirata ad Ovidio. Non importa. L’elaborato significato allegorico non è fondamentale, quello che conta sono invece gli elementi innovativi.come la rappresentazione della scena dove il vero protagonista del quadro è il paesaggio in cui l’uomo e la donna col bambino sono inseriti in modo armonioso nel paesaggio, di cui fanno parte, ma non con un ruolo predominante, anzi sono spostati a lato. Altro elemento innovativo è il fulmine che squarcia il cielo ed illumina con il suo chiarore le case circostanti e diventa il punto di attenzione principale. Altro elemento innovativo è infine rappresentato dalla pittura tonale. Fino a quel momento era il disegno che modellava le figure,che delineava i volumi,che marcava gli spazi, con Giorgione questo ruolo viene assunto dal colore. Allo stesso tempo il colore unifica l’opera con un tono generale,non ci sono più forme delineate racchiuse dal disegno,ma tutto si fonde in modo armonioso e dolce.

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