Città di mare ( tredicesima parte)

(Gabriella Maggio)

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Silvia non ha più dubbi. Draghinelli è vivo ed abita lì, non molto distante da dove abitava prima. Vuol dire che è sicuro di sé . Ora lei deve riflettere sui fatti, solo sui fatti, solo quelli contano. Stare ad aspettare non le conviene, non c’è un riparo e sicuramente è stata notata . Quell’esitazione cercando la chiave, …è un classico , roba da manuale. Forse si è bruciata, come si dice in gergo. Torna meccanicamente al bar Centrale. Dà un’occhiata veloce all’interno. Ad un tavolo nota l’uomo con la barba che ieri pomeriggio era al bar di Piazza dei Caduti; è con altri due . Parlano. Silvia entra d’istinto e resta in piedi a guardare le torte, sperando di potere ascoltare . – Non mi potete negare il compenso, ho delle scadenze…mi avevate assicurato – Sì- dice quello magro con i capelli bianchi – non te lo neghiamo, Luigi, è vero Enrico ? Hai fatto un bel lavoro. Diglielo anche tu, ma i soldi che abbiamo riscosso sono già impegnati servono per un altro. E’ urgente. oggi parte. Il signor Saccone ci tiene tanto a questo qui. Sai, gli ha fatto un grande favore – Ho capito, è la solita storia, .ma qualche volta vi farò un po’ di paura anch’io – dice Luigi e si allontana scuotendo la testa. Ecco, ora Silvia sa che si chiama Luigi. Lo rivedrà ? Degli altri due uno si chiama Enrico e l’altro ? Ma anche questi … chi sono ? Probabilmente non c’entrano con la sua missione. Però un dato è certo che il bar Centrale è un crocevia, uno snodo….- E se facessimo uno sgarbo a questo vecchio borioso ? In fondo che cosa ce ne importa ? Non se la prenderà con Saccone, ha paura- . – Sì, Enrico, è nelle sue mani -. – Aiutiamo Luigi, ci può essere utile-. Silvia ha ascoltato con attenzione, potrebbe essere il bandolo della sua matassa. Quando i due si allontanano li segue, ma per poco. Salgono infatti su una macchina che si accosta al marciapiede.

Silvia memorizza la targa automaticamente e decide di ritornare a casa ed incontrare la vicina. Cammina veloce per le strade, di tanto in tanto guarda una vetrina, nessuno la segue. Entra nel portone di casa, facendolo sbattere per attirare la vicina. Indugia un po’ davanti alla porta fingendo di cerare le chiavi, poi entra. La casa è fresca. Cerca una bottiglia di vino, ne trova una di un rosso locale e se ne versa un bicchiere mentre si spoglia per fare una doccia. Poi cucina un piatto di pasta e prepara il caffè; vuole andare dalla vicina per offrirle una tazza di caffè. Bussa alla porta un paio di volte, ma non risponde. Silvia è delusa, credeva di avere un bandolo della matassa, ma si è sbagliata…. avrebbe dovuto avvicinarla subito. Accende il telefono e compone il numero. Nessun segnale, il telefono è muto. Ripete il tentativo un paio di volte, niente. L’hanno disattivato. Una crisi di panico la prende a poco a poco. Si stende sul letto e cerca di respirare piano e profondamente. In fondo è meglio così. Vogliono che Draghinelli se ne vada libero. Va benissimo…vada dove vuole, purchè non la paghi io la sua fuga. A poco a poco Silvia si calma. Riprova a telefonare. Ha ancora un po’ di paura. Se fino a sera il telefono resta muto, domani torno a Milano, vado da Gallina e lo convinco ad archiviare tutto.

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