DIETRO LE OLIMPIADI

( Gabriella Maggio)

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Saamiya Yusuf Omar

 

Le Olimpiadi di Londra si sono concluse, ma ancora filtrano con una certa lentezza brandelli di storie personali, di medaglie conquistate o mai raggiunte. Ma nessuno immaginava la storia infelice di Saamiya Yusuf Omar, che non è mai giunta in Europa. Saamiya era un’atleta somala, che nelle Olimpiadi di Pechino aveva gareggiato nei 200 metri, arrivando ultima, ma non è questo che fa la differenza con gli altri atleti. Primi o ultimi sono criteri relativi e non assoluti, perché bisogna conoscere i livelli di partenza sia degli uni che degli altri. Saamiya veniva dalla Somalia, cioè dal caos di lunghi anni di guerra civile, in cui si sono scontrati signori della guerra e gruppi d’affari, fra i quali si è incuneato l’esercito islamico. A questo si sono aggiunte siccità e carestia. Noi donne occidentali che spesso non ci sentiamo sicure nelle nostre città forse non possiamo immaginare qual è la condizione delle donne in Somalia.

Per proteggere gli uomini che rischiano costantemente la vita li sostituiscono nei lavori che più li espongono al pericolo, andando incontro con consapevolezza allo stupro inevitabile, che però offre qualche possibilità di sopravvivenza. In questo contesto l’ultimo posto di Saamiya nei 200 metri a Pechino era più di una medaglia d’oro. E’ morta su una delle tante carrette del mare, partite dalla Libia nel tentativo di  partecipare alle Olimpiadi di Londra. Ne ha dato notizia Igiaba Scego, scrittrice somala in lingua italiana, ( nel 2011 ha vinto il Premio Mondello con “La mia casa è dove sono” edito da Rizzoli ) nel suo blog Pubblico, dove ha riportato le parole di un altro atleta somalo Abdi Bile: “ Saamiya era un’atleta bravissima. Una splendida ragazza”.

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