I “piolini” sotto le tegole dei tetti siciliani

( Amedeo Tullio*)

 

clip_image002

fig. 1 Museo archeologico di Aidone: parziale riassemblaggio di un tetto

 

La copertura degli edifici pubblici e privati dei Greci di Sicilia era particolarmente curata ed era realizzata con tegole piane opportunamente affiancate ed alternate a tegoli curvi o coppi con un sistema tipico dei tetti siciliani (figg. 1-2)

 

clip_image002[6]

fig. 2 Ricostruzione ipotetica del tetto del Tempio “della Vittoria” di Himera.

Le tegole, di forma rettangolare (dimensioni medie cm 80 x 55), con i bordi rialzati (Fig. 3), si chiamavano solenes; i tegoli, a profilo curvilineo volutamente rastremati , avevano la funzione di coprigiunti, kalypteres in greco (dal verbo kalyptein, cioè coprire, nascondere) per evitare indesiderate infiltrazioni di acqua piovana. Una funzionale ricostruzione di questa tipologia di coperture di terracotta è esposta nel Museo di Aidone con reperti provenienti dall’antica Morgantina (fig. 1). Ancora più esplicito è il disegno ricostruttivo della copertura del tempio”della Vittoria” di Himera (fig. 2), dove sono evidenziati tutti i gli elementi funzionali del tetto…

clip_image002[8]

fig. 3 Bordi di solenes di Himera (da A. Tullio, in Himera II, Roma 1976)

Per ottenere buoni risultati era necessario che i singoli elementi fossero assemblati con cura e che ci si avvalesse di semplici ma efficaci modi per fissare solenes e kalypteres e talvolta “sofisticati” incastri tra cui quelli riscontrati su alcune tegole piane riutilizzate in sepolture della necropoli greco-ellenistica di Polizzi Generosa (figg. 4-5).

clip_image002[10]

fig. 4 Civico Museo Archeologico di Polizzi Generosa: soleness inv. Po 96.810 e, al di sotto. Po 96.808 dalla Sep. 219 della necropoli di Polizzi Generosa

 

clip_image002[12]

fig. 5 Particolari del solen Po 96.808

 

L’uso degli antichi di riutilizzare questi elementi, difettati o già adoperato in edifici in disuso; e il rinnovato interesse per questi resti, documenti della cultura architettonica, ha rivelato sorprendenti caratteristiche e dettagli tecnici che spesso si considerano sorprendenti per l’epoca (fin dal VII-VI sec. a:C.).Ormai non ci si stupisce più se si nota un foro su un frammento di una tegola: serve per fissarla alle strutture lignee del tetto; né ci si meraviglia della precisione degli incastri, a maschio e femmina, al di sotto delò bordo rialzato; e così via.Meno consueto e più accurato è certo il particolare riscontr ato su alcuni solenes rivenuti nella necropoli di contrada San Pietro a Polizzi Generosa ed oggi adeguatamente esposti nel locale Civico Museo Archeologico (fig. 4). Su due frammenti di tegole fittili (rispettivamente Inv. Po 96 808 e Po 96/810 di m 0,54 x 0,46 e m 0,47 x 0,38), riutilizzate nella Sep. 219 della fine del IV sec. a.C. In questo caso si notano due piolini (uno per lato) che sporgono al di sotto dell’incavo (fig. 5) che, nel tetto, si sarebbe appoggiato sul listello sporgente di una tegola del filare inferiore incastrandosi in un apposito foro per fissare meglio tra loro i due solenes . L’artificio, semplice ma funzionale, è lo stesso adoperato oggi negli elementi delle costruzioni “lego”. Questo giocattolo creativo fa notare l’ingegno dell’essere umano richiamando la nostra attenzione su “semplici” intuizioni che stanno alla base della moderna tecnologia

**PDG Prof. Amedeo Tullio

Archeologo, già docente di

“Metodologia e tecniche dello scavo archeologico”

presso Università degli Studi di Palermo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy