VIA CASTELLANA BANDIERA

( Gabriella Maggio)

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Emma Dante e Alba Rohrwacher in una scena del film

Primo film di Emma Dante, preceduto dal suo primo romanzo con lo stesso titolo, pubblicato da Rizzoli nel 2008, affonda le sue origini nella biografia della regista-attrice, drammatizzando attraverso i corpi dei personaggi più che attraverso le loro parole il complesso rapporto con la città natale, Palermo, rappresentata nel caldo dell’estate, nella periferia abusiva e fatiscente, dimenticata dalla città civile, ma brulicante di vita. Il vitalismo della borgata si manifesta grazie ad un puntiglio di precedenza automobilistica in via Castellana Bandiera, una stradina molto stretta, ma a doppio senso di marcia, tra Samira e Rosa.

Due donne diverse fisicamente e per cultura, ma egualmente cocciute. Entrambe manifestano nell’ostinazione a non cedere all’altra neppure un centimetro di strada l’estremo attaccamento alla loro identità sconfitta profondamente negli affetti: la figlia morta di cancro e la abbrutita famiglia che la sfrutta per Samira, la crisi forse definitiva della relazione con Chiara, sua compagna di viaggio e l’amaro ricordo della madre e dell’infanzia palermitana in borgata per Rosa. Il ritorno nella città natale per il matrimonio di un amico è del tutto privo di desiderio e di nostalgia per i luoghi e le persone . Palermo è paralizzata dal traffico, le strade sono interrotte, ma Rosa appena vi fa ritorno come un personaggio di Vitaliano Brancati si immerge nuovamente nei comportamenti e nel carattere della città. Tutto il film ruota intorno alle due macchine ferme, circondate dagli abitanti della strada, brutali e sofferenti, ma sottomessi al loro destino. Metafora di una società immobile, senza tempo, senza speranze e progetti di miglioramento. La linea che segue E. Dante come regista è quella di Ciprì e Maresco e più lontano nel tempo quella di P.Paolo Pasolini. Lo spettatore palermitano del film è una persona colta e di ampie vedute e sicuramente è attratto dalla vicenda, sia per il piacere di compiangere le tristi condizioni di degrado umano e urbano della sua città sia per la sensazione rassicurante di sentirsi diverso dai personaggi del film. Tuttavia fuori da Palermo e dalla Sicilia credo che lo spettatore interpreterà diversamente Via Castellana Bandiera, probabilmente come un esempio di folklore locale. Questo è il limite del film, pur interessante e ben interpretato, giustamente insignito di tanti premi. Quello che secondo me manca al film è il respiro ampio capace di comunicare l’ importante messaggio fortemente critico e di denuncia ad un pubblico il più ampio possibile. Come forse era nell’intensione di E. Dante : cominciare la ricostruzione della città attraverso l’arte.

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