FEUERSNOT

(Salvatore Aiello)

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( foto T. Massimo)

Scelta assai coraggiosa e significativa l’inaugurazione della Stagione 2014 del Massimo di Palermo che per onorare il 150° anniversario della nascita di Richard Strauss ha messo in cantiere una produzione del tutto nuova ed inusitata nel panorama lirico italiano: il singgedicht Feuersnot, capolavoro giovanile del cigno di Monaco che dopo l’insuccesso di Guntram, grazie all’incontro con Ernest von Wolzogen personaggio di spicco della letteratura tedesca, diede vita all’atto unico andato in scena a Dresda nel novembre del 1901 con esito tiepido.Strauss ormai decisamente votato, nonostante le resistenze paterne al culto wagneriano, vi rivela la sua personale cifra di geniale compositore con caratteristiche peculiari che gli fanno conquistare risultati straordinari non disgiunti da piacevolezza e fascino. Il soggetto della fiaba perché di questo trattasi ,affonda le sue radici in antiche saghe di cui c’è traccia anche nella favolistica romana ma si anima di due caratteri biografici particolari: la polemica del compositore contro la borghesia monacense che non aveva accolto di buon grado Also sprach Zarathustra e la fame d’amore conseguenza del suo tormentato ménage familiare.

In una Monaco senza tempo né spazio epocale si svolge l’azione che vede protagonista un mago innamorato che dispettoso per essere stato deriso, spegne tutti i fuochi della città ma alla fine, accolto nella camera dall’amata Diemut restituisce al villaggio la vita poiché: “Quando l’amore si unisce alla magia del genio allora spunterà una luce anche per il più gretto dei filistei”. Impegno, cura e passione hanno animato lo spettacolo palermitano curato in tutti i particolari da Emma Dante che si avvaleva delle scene sobrie di Carmine Maringola, dei costumi variegati di Vanessa Sannino e delle luci appropriate di Cristian Zucaro. La regista palermitana, dopo le sue frequentazioni operistiche scaligere e parigine, sfatava il “nemo profeta in patria” gettandosi anima e corpo in un’operazione che imponeva e proponeva il suo stile personale ed intelligente di intendere e fare teatro. Avere immesso sulla scena una fitta folla di mangiatori di fuoco, clown, danzatori apparentemente scoordinati di memoria felliniana ma coesi nel rappresentare erotismo, sensualità, gioia di vivere, facendoli muovere agevolmente ed opportunamente non è stata un‘impresa facile ma soprattutto ciò che ci ha preso e abbiamo apprezzato profondamente é l’aver lavorato in sintonia con la musica e con un libretto denso di allusioni, di simboli che ci riportano all’estreme propaggini del Romanticismo: dove non c’è amore non ci può essere luce e solo dal corpo di una donna può rinascere la forza della vita e allora ecco che la fiamma nel suggestivo finale ricominciava ad ardere, ritornava la luce affidata allo sfavillio e allo sfolgorio di veli policromi la cui resa è stata sensazionale. Assai valido l’apporto del direttore Gabriele Ferro, uno specialista del repertorio del Novecento che ha confermato autorevolezza, presenza e scavo della partitura di cui ha colto tutte le implicanze, tutte le possibilità dinamiche con equilibrio e padronanza. Un po’ meno convincente la resa vocale: il Kunrad di Dietrich Henschel evidenziava una vocalità ai limiti che minava la varietà di accenti che il personaggio richiede e soprattutto il fraseggio che avrebbe dovuto restituirci situazioni psicologiche diverse mancando talvolta di quella caratterizzazione che deve avere il protagonista. Nicola Beller Carbone disegnava una Diemut di garbata linea vocale ed interpretativa in consonanza col ruolo. In risalto, di incisiva vocalità e simpatico gioco scenico Christine Knorren, Chiara Fracasso, Anna Maria Sarra, le amiche di Diemut, che ci ricordavano le figlie del Reno. Validi Alexs Wawiloff ( Il castaldo) e Ruben Amoretti (Il borgomastro). Completavano il cast adeguatamente e omogeneamente Michail Ryssov (Jorg Poschel) Niccolò Ceriani (Hammerlein), Paolo Battaglia (Kofel),Paolo Orecchia(Kunz Gilgenstock), Cristiano Olivieri (Ortlieb Tulbeck), Irina Pererva (Ursula), Francesco Parrino (Ruger Aspeck ),Valentina Vitti (Walpurg), Madchen (Francesca Martorana). Complimenti a Salvatore Punturo maestro del birichino Coro di Voci bianche e a Piero Monti maestro del Coro. Assai caloroso ed entusiasta il pubblico plaudente lo spettacolo e un po’ forse immemore del tributo a un’opera che rimasta sepolta nel tempo meriterebbe invece una maggiore diffusione.

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