San Francesco inventò il Presepe

(Carla Amirante)

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La tradizione narra che il Presepe fu inventato da San Francesco, il poverello d’Assisi, a Greccio il 25 dicembre del 1223. Che il Santo sia stato proprio lui a creare il presepe è noto a tutti, ma come egli abbia concepito e portato a compimento questo suo desiderio è cosa poco conosciuta. È necessario fare un passo indietro nella vita di Francesco, tornare a qualche anno prima e precisamente al 1220, quando egli aveva realizzato il grande desiderio di andare in pellegrinaggio in Terrasanta, per vedere con i propri occhi i luoghi dove Gesù aveva vissuto, predicato, era morto e risorto. Il Santo si era recato pure a Betlemme, lì aveva lungamente meditato e pregato davanti alla grotta dove era nato il Salvatore. L’evento della nascita di Gesù, Dio che si fa carne, Dio che si fa uomo nascendo nel corpo di un bambino, fragile, povero e indifeso, era divenuto un pensiero costante della sua mente che lo commuoveva fino a farlo piangere e, anche al suo ritorno in Italia, continuava a ripensare a quel viaggio ed a commuoversi. Così nel Natale del 1223, decise di organizzare una ‘rappresentazione viva’ della nascita di Gesù, scegliendo Greccio, un piccolo borgo dell’Alto Lazio, per quella rappresentazione. Perché fu scelta Greccio? I primi biografi, contemporanei a Francesco, quindi testimoni diretti, ed in particolare Tommaso da Celano e San Bonaventura, fanno un resoconto dettagliato della iniziativa di Francesco, narrando che egli scese dalla montagna e si stabilì in alcune grotte nei pressi di Greccio, dove vi erano poche e misere case intorno al castello, abitate forse un centinaio di persone. In questo luogo il Santo amava sostare tornando dai suoi viaggi per l’Italia, perché la zona paludosa, malsana, semideserta offriva al suo sguardo quell’aspetto di grande povertà, di silenzio, di una natura infelice che con quelle caratteristiche l’aiutavano a meditare, a sentirsi umile e povero.

 

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Tommaso da Celano, nella sua Vita prima di San Francesco d’Assisi, al capitolo XXX, racconta del Presepio di Greccio e dice che il Santo pensava continuamente alla vita di Gesù e soprattutto «all’umiltà dell’Incarnazione e alla carità della Passione», gli aspetti più umani e più straordinari della vita terrena del Cristo. L’Incarnazione, la nascita e la morte di Gesù erano, come scrisse il Celano, argomenti fissi delle meditazioni di Francesco che voleva assimilarne il significato più profondo, immedesimandosi in essi fino a «viverli»: per riuscire in questo, si ritirava sui monti, in luoghi deserti, in modo che la sua meditazione fosse profonda. Nel 1223 Francesco, sempre concentrato sulla nascita di Gesù, volle celebrare il Natale di quell’anno con una “rappresentazione realistica” dell’evento, preparò la sacra rappresentazione con molta cura e precisione, chiedendo l’aiuto a un certo Giovanni da Greccio, signore della zona, che il santo stimava molto perché, come scrive il Celano, «pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne». All’amico disse di voler organizzare, per la notte di Natale, una “rappresentazione” della nascita di Gesù, una “ricostruzione visiva e vera”. Tommaso da Celano riporta le parole esatte che Francesco disse a Giovanni: « Vorrei rappresentare il bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia, e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Francesco rifiutava in modo assoluto l’idea di fare uno “spettacolo” per i curiosi, ritenendolo giustamente irrispettoso nei confronti del grande mistero religioso, e, come informa San Bonaventura, contemporaneo di Francesco e testimone diretto, egli, temendo che la sua iniziativa fosse male interpretata, chiese il permesso al Papa prima di mettere in atto il suo progetto. Giovanni da Greccio organizzò ogni cosa come Francesco aveva chiesto; la gente del luogo e dei borghi d’intorno, venuta a sapere della rappresentazione, si recò la notte alla grotta dove Francesco e i frati andavano a pregare. Scrisse il Celano: «Arrivarono uomini, donne festanti, portando ciascuno, secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte»; alla fine arrivò anche Francesco che fu pieno di felicità nel vedere il tutto predisposto secondo il suo desiderio. Il Celano precisa che, a quel punto, «si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello». Francesco volle ricostruire la scena della nascita di Gesù, non come spettacolo perché nessuno dei presenti prese il posto della Madonna, di San Giuseppe, del bambino, egli voleva ricreare la scena reale della Natività per pensarvi e riflettervi sopra durante la celebrazione della Messa, perché la Celebrazione Eucaristica avrebbe richiamato la presenza reale di Gesù in quel luogo. E’ questo un dettaglio importantissimo, in quanto la liturgia eucaristica richiama sull’altare la presenza “vera, reale e sostanziale” di Gesù; così il Santo avrebbe rivissuto la nascita di Gesù in forma reale nel contesto della Messa. Egli paragonava i sacerdoti alla Vergine Maria, perché nella Messa essi fanno rinascere Gesù sull’altare, inoltre affermava che i fedeli, quando fanno la Comunione, sono come Maria che ha portato Gesù dentro di sé e che la Liturgia eucaristica di quella notte di Natale avrebbe portato Gesù in quel luogo allestito come la capanna di Betlemme. Francesco, indossati i paramenti solenni, come diacono partecipò alla Messa, lesse il Vangelo e tenne una predica. Il Celano dice che quando pronunciava le parole “Bambino di Betlemme” la sua voce tremava di tenerezza e di commozione, aggiungendo che, nel corso della celebrazione eucaristica, si manifestarono «in abbondanza i doni dell’Onnipotente», cioè fatti prodigiosi. Da San Bonaventura viene riferito anche ciò che Giovanni da Greccio vide in quella Notte Santa: «Egli affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullo addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno». La tradizione ha sempre tramandato che Gesù si fece realmente vivo “apparendo” nelle sembianze di un bambino sul fieno di quella mangiatoia. Il presepe, voluto da Francesco, sembra non una generica rappresentazione natalizia ma una solenne e forte dichiarazione d’intenti; dopo le difficoltà risolte con l’autorità papale e l’approvazione della seconda Regola; a Greccio il poverello d’Assisi, nel ricostruire Betlemme in forme poco canoniche, sembra avere voluto riaffermare il suo radicalismo evangelico, il suo intento di imitare Cristo, scegliendo, non la chiesa ma il bosco, non lo splendore e i doni dei Magi ma l’essenzialità di una mangiatoia e di due animali, non una Grande Maestà da adorare ma un fragile Bambino cullato dalla Madre e adorato da poveri pastori. Il presepe di Greccio inoltre nella sua essenzialità diveniva un alternativa ad un pellegrinaggio impossibile da fare a Gerusalemme ed una risposta pacifica alle Crociate di quel periodo.

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