EROI NAZIONALI

( Irina Tuzzolino)

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Quando si disgregò l’Impero Romano d’Occidente, nei Paesi Europei che ne facevano parte lentamente cominciarono a formarsi le lingue nazionali e i poeti componevano in quella nuova lingua canti legati alla realtà politica e umana che si andava delineando. Intorno al 1100 sono datate opere organiche che sviluppano temi narrativi in cui nuovi eroi combattono per difendere la patria e l’onore. Gli studiosi definiscono queste opere poemi epici, cioè narrazioni che contengono i tratti peculiari di un popolo e ne costituiscono il paradigma dei valori. Per popolo, però, si deve intendere la classe dominante dei cavalieri. Roland, Rodrigo Diaz de Vivar, meglio noto come il Cid Campeador, Igor, Siegfried, Beowulf sono modelli per i cavalieri in quanto essi stessi cavalieri; ma le loro appassionanti storie di prodezze e tradimenti sono apprezzate anche dal pubblico dei semplici che nelle feste e nei mercati ascoltava le performance dei giullari, che ne recitavano le gesta più stupefacenti. Tra i nomi sopra citati manca quello di un eroe italiano, ma non è una dimenticanza.

L’Italia di allora, soprattutto quella del Nord, si invaghisce di Orlando, che assume le veci di un eroe nazionale con avventure che si svolgono nella penisola, per esempio in Calabria, testimoniate non soltanto da opere scritte, ma anche da monumenti. Anche nei secoli successivi non riusciamo a trovare un eroe nazionale decisamente nostro. Proprio non c’è. Non si è mai verificato che un personaggio d’invenzione letteraria o reinventato dalla letteratura su scarne basi storiche fosse riconosciuto dalla collettività. E’ pur vero che la nostra identità nazionale è stata tardiva nel senso politico, però è stata antica quella che riguarda l’identità culturale. Forse più che eroi abbiamo costruito antieroi. La formazione di un eroe richiede che l’emozione del momento si trasferisca immediatamente nelle parole di uno scrittore. Ma forse è una nostra antica abitudine non affrontare subito un grande evento, lasciar passare del tempo prima di parlarne, così l’eroe che pure c’è stato finisce col mostrare interamente sé stesso con l’immancabile aspetto negativo che da eroe lo rende un uomo qualsiasi. Si è verificata quindi la condizione opposta alla creazione epica : è come se considerassimo Roland un ostinato che per orgoglio smisurato muore insieme ai soldati della retroguardia dell’esercito di Carlo: avrebbe potuto salvare tante vite oltre la sua, solo se avesse suonato l’olifante.

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