LINGUA ITALIANA IN RETROSPETTIVA

(Irina Tuzzolino)

Nel settembre 1516 ad Ancona  Giovan Francesco Fortunio  pubblica  la prima grammatica della lingua italiana, Regole grammaticali della volgar lingua, spinto dalla necessità di fissare le norme linguistiche con una grammatica scritta per arginare l’arbitrio linguistico che  la grande diffusione dei libri stampati rischiava di legittimare. Secondo Fortunio  l’unico argine era richiamarsi  all’uso letterario della lingua dei grandi fiorentini, Dante, Petrarca e Boccaccio. Prima di lui, nella metà del ‘400, Leon Battista Alberti aveva compilato una grammatica della lingua italiana modellandola sulle regole di quella latina.  La  letterarietà della norma linguistica, sancita da Fortunio e con maggiore fama da Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua segnerà anche in seguito le grammatiche ed i dizionari della lingua italiana, a cominciare da quello edito dall’Accademia della Crusca  nel 1612. Nel corso dell’Ottocento si afferma la linguistica come scienza, che mette in crisi la concezione rinascimentale della lingua e delle sue norme, abbandonando quindi la letterarietà a vantaggio dell’uso comune, pur ribadendo la derivazione latina dell’italiano. Anche la letteratura  si avvicina all’uso linguistico parlato come fa Alessandro Manzoni ne I promessi sposi, che adotta la lingua dei fiorentini colti. Dal latino, oltre che dal  magnogreco per i dialetti meridionali,  procede Gerhard Rohlfs per descriverne gli esiti nei dialetti italiani nella Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, della metà del ‘900. Un ulteriore legittimazione dell’uso de parlanti è contenuta nelle parole di L. Serianni: Il confine giusto/sbagliato è labile e non dipende da categorie ontologiche, date una volta per tutte, ma solo dalla reazione della collettività dei parlanti, mutevole nel corso del tempo, in Prima lezione di lingua italiana.

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