LA VUCCIRIA OVVERO La BOCCERIA GRANDE o MAGGIORE, la BOCCERIA VECCHIA o la BOCCERIA DELLA FOGLIA

(Francesco Paolo Rivera*)

Sono alcune delle denominazioni che nel tempo ha assunto il più grande mercato di Palermo, posto nella più grande piazza di “grascia” (1), per intenderci quello di piazza Caracciolo, quello immortalato da Renato Guttuso. Tutte queste denominazioni hanno, nei secoli, creato confusione tra gli storici, i cronisti e gli abitanti antichi e moderni di questa Città. Non si può riferire circa la data anche approssimativa nella quale venne creato questo primo, grande e storico mercato della Città, infatti un mercato è un “prodotto” naturale che nasce, cresce e si sviluppa per consuetudine: il cittadino acquista generi per il suo sostentamento e assume l’abitudine di approvvigionarsi in un determinato luogo, luogo nel quale accedono anche altri cittadini ed è per questo che coloro che offrono in vendita i generi utili al cittadino si incontrano in quel luogo. Quindi, si ritiene che tale mercato non sia nato in conseguenza di un provvedimento legislativo, si presume dalla denominazione, che denota la provenienza dalla lingua francese (“boucherie” cioè macello), che tale mercato sia nato nel periodo della dominazione angioina in Sicilia tra il 1266 e il 1282 (2). Consultando il Dizionario Siciliano-Italiano di Vincenzo Mortillaro (3^ ed. anno 1881), la definizione che l’autore attribuisce alla parola “Vucciria” è quella di “Piazza di mercato di qualsiasi sorta di commestibile”. Non esistono in detto dizionario le parole “Bocceria, Bucceria o similari”.  Una tale definizione appare quanto meno strana, infatti, non risulta essere stata adottata tale denominazione “vucciria” per altre piazze-mercati di generi commestibili poste in altre città, paesi, villaggi, rioni siciliani, mentre è stato usato soltanto per i due mercati palermitani quello di piazza Caracciolo e quello che una volta era vicino alla via Candelai, e che venne denominato “Bocceria nova” o “Bocceria della carne”. Sicuramente il termine francese “boucherie”, macelleria, è stato adottato anche in altri paesi europei (3), ma anche per i paesi stranieri tale termine individua solo ed esclusivamente una macelleria o una rivendita di carni, ma non un mercato. Nel medio evo, la Vucciria modificò la qualità dei propri commerci, infatti oltre alla macellazione e alla vendita delle carni si allargò alla vendita di verdure, che anticamente venivano denominate “foglie” e quindi la Vucciria adottò la nuova denominazione “Bocceria della Foglia”, che corrispondeva esattamente all’attuale piazza Caracciolo. Il mercato delle carni venne chiamato “Bocceria nova”, “Vochiria nova”, “Bocceria della carne” che ebbe sede, fino alla prima metà del XIX secolo tra via Candelai e la discesa dei Giovenchi; a testimonianza di ciò si fa riferimento alle denominazioni delle via, piazzetta e vicolo Caldomai, della discesa dei Giovenchi, della discesa delle Capre, al vicolo delle Chianche ove tra il secolo XV e il XIX era la “Bocceria nova o della carne”. In contrapposizione la “Bocceria maggiore o della carne”, quella di piazza Caracciolo, prese il nome di “Bocceria vecchia”.

Il vasotto superstite della decorazione di Piazza Caracciolo- ph. Cappellani

Notizie storiche in ordine alla Bocceria grande o maggiore si ricavano dai privilegi del 1391, 1396 e 1397 relativi alla concessione in perpetuo a favore di Aloisio di Giacomo e dei suoi eredi di quattro botteghe della Regia Curia sive domorum cum tribus macellis ante ipsas ianuas existentibus in urbe Panormi in Buceria maiori. Si ha notizia di una proposta da parte del Vicerè di allargamento della Bucceria vecchia nel 1511; esistono altri documenti regi annotati nel Repertorio degli anni 1537 e 1555 che riguardano la Bucceria vecchia; nello stesso Repertorio dell’anno 1556 si trova annotato un atto di spesa di 5.000 scudi per la piazza della Bucceria Vecchia, nonchè di una lettera viceregia riguardante sempre la bucceria vecchia. Con un atto datato 29 agosto 1558 per notaio Giacomo Lobianco, il Sindaco, il Pretore e i giurati costituirono una “soggiogazione (assoggettamento) di onze 122 e tarì 18 a favore di Francesco Lo Bianco” a risarcimento dell’abbattimento di immobili, per l’allargamento del Macello Vecchio, posti sull’omonimo Piano in frontespizio alle case di Vincenzo Susinno, nei pressi della casa di Bisso vicino la stratae mastrae per quam itur ad dictus planum ad Garraffus et logiam (che dovrebbe corrispondere con la via Argenteria). Si ha ancora notizia di un accordo del 1558, per atto pubblico tra la Città e Francesco Bisso relativo a demolizioni di immobili nella Bocceria vecchia e nel 1560 ancora suppliche sempre relative a demolizioni di immobili nello stesso sito.

 

Si presume che furono eseguite opere di allargamento della Bocceria vecchia o della Foglia nel 1558 durante il governo vicereale di don Giovanni della Cerda duca di Medinaceli (4), secondo quanto riferisce Vincenzo Di Giovanni (5), il quale, descrivendo la città, come era a quell’epoca, riferisce “… finchè si arriva alla grande piazza detta della Bocceria Vecchia, perché quivi era prima il macello, che poi si fece sopra la Conceria passando quell’arco sotto la strada Macheda, ove ora si dice la Bocceria Nova”; e continuando nella sua descrizione, riferisce che nella grande piazza della Bocceria vecchia, di forma quadra, vi sono botteghe ove si vende frutti di mandra (latticini), salsiccie e altri salumi, frutti e foglie, ovi, piccioni, polli, pane bianco, sparagi, ciafaglioni (radici di palme selvatiche), cerfogli (erba simile al prezzemolo), fonghi (funghi), lumache, granati e altri frutti di ogni tipo e quanto altro si possa desiderare. Dalla stessa descrizione di tale piazza si ha notizia di una bella fontana, nel cui centro stava un Tritone, opera del più grande scultore siciliano di quella epoca, Vincenzo Gagini (6). In proposito vale la pena ricordare che, con atto del 9 gennaio 1579, per Notaio Giuseppe Fogazza di Palermo, Nicolò Antonio Spadafora, Pretore di Palermo e i Giurati Di Giovanni, Priolo, Di Bologna, Agliata e Sabia commissionarono allo scultore Vincenzo Gagini una statua per la fontana della Bocceria, promettendo di indicare il “soggetto” nel termine di 15 giorni. Pare, tuttavia, che non esistono documenti che comprovino la scelta del “soggetto” da parte degli Amministratori: infatti, tale fontana venne identificata dal Di Giovanni, “Fontana del Tritone”, dal Manganante (7) “Fonte di un homo cavalcante un delfino”, dal Villabianca (e anche dal popolo) “Fontana di Ercole”, e dall’Alessi, il quale non riuscendo, forse, a spiegarsi le ragioni di tali diverse denominazioni, venne identificata come “Fonte marmorea della piazza della Bocceria”. Sicuramente il Gagini eseguì l’opera sulla base della convenzione stipulata con l’atto notarile di cui sopra, ma, con molta probabilità, i committenti dimenticarono di indicare al maestro il “soggetto”! La suddetta statua venne rimossa nel novembre 1777 per disposizione del Senato, e al suo posto furono erette quattro botteghe di boccieri e vendaiuoli il cui affitto fruttava al Comune circa cento onze l’anno. La statua, priva della parte inferiore (andò distrutta durante la rimozione e si ritenne di non doverla restaurare perché “di gusto antico e dozzinale”),  fu provvisoriamente rinchiusa nei magazzini del Senato allo Spasimo, e successivamente fu collocata nel grande cerchio della “Banchetta del Teatro Marmoreo” (8), ove rimase fino al 17 luglio 1780, quando, durante le Feste di Santa Rosalia (il Festino), venne distrutta dalla macchina pirotecnica cadutale addosso a seguito del fortissimo vento. Ritornando alla piazza della Bocceria vecchia, nel maggio 1783, per volere del vicerè Domenico Caracciolo (9), si procedette a una nuova sistemazione di tale piazza, si costruì una loggia quadrata con pilastri, cornici e balaustre sulle quali vennero collocati dei “vasotti” di pietra intagliata. L’unico rimasto di tali vasotti (privo di coperchio), raffigurato nella foto contenuta in questo scritto, era sistemato nell’androne del palazzo in via Ruggiero Mastrangelo n. 13, fino al 1947, anno in cui gli eredi di Nino Basile (10) alienando l’intero fabbricato, si disfecero anche di tale reperto, che per il suo peso era difficilmente trasportabile. Secondo quanto descritto dal Villabianca (11), al centro della piazza venne costruita una fontana nella quale quattro leoncini in marmo, disposti sotto un piccolo obelisco, versavano l’acqua. Intorno alla fontana, pare siano state costruite delle baracche in legno, a servizio dei mercanti,  che andarono a fuoco e, in conseguenza di ciò, certo Salvatore Buttafuoco, nel 1800 sotto il pretorato del Principe di Lampedusa, ottenne la concessione per ricostruirle in muratura. Il reddito di tale costruzione andò a totale beneficio del Buttafuoco, i cui eredi, circa un secolo dopo, in conseguenza della demolizione di tale manufatti, furono risarciti. Oggi, la vecchia Vucciria, divenuta una attrattiva turistica, delude il forestiero che va alla sua scoperta (ma soprattutto il vecchio palermitano emigrato, che ritorna a rivederla).Vengono in mente, ripensando a quella piazza, alcuni antichi detti palermitani : “vucciria” (nel senso di baldoria), “cane di vucciria” (per indicare persona priva di educazione), “quannu s’asciucano i balati da vucciria” (per indicare qualcosa che non si realizzerà mai), “i balati da Vucciria non s’asciucano mai” (altra maniera per indicare ciò che non si realizzerà mai), “i 23 scaluna” (storica scalinata di accesso alla Vucciria), “prima Palermo e Santa Rusulia e doppo veni ‘a Vucciria” (per indicare le priorità dei palermitani).

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* LC MI Galleria – Ib.4

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 (1) la parola “grascia”, che deriva dal latino “crassia”, oltre a essere diventato sinonimo di sudiciume, nel medioevo indicava le vettovaglie in genere (carne, pesce, ceriali, verdure), indicava pure le gabelle che si pagavano per l’esercizio di tali commerci e anche coloro che erano delegati alla riscossione di tali gabelle;

(2) cioè da quando Manfredi di Sicilia, figlio di Federico di Svevia venne sconfitto e ucciso da Carlo d’Angiò, che conquistò la Sicilia, fino alla rivolta dei Vespri Siciliani.

(3) a Londra, a Notting Hill in Portobello Road, pare che esista un negozio di macelleria “Master Butchery”, e anche a Barcellona, nel grande mercato centrale vicino alle Ramblas  si ha notizia di una “Boucheria”.

 (4) 1514-1575, fu nominato Vicerè di Sicilia, da Filippo II di Spagna nel 1557 carica che mantenne fino al 1564.

(5) 1550-1627, storico e letterato, fu autore di parecchie opere storiografiche sulle vicende di Palermo e della nobili famiglie a quell’epoca esistenti: il poema “Palermo trionfante” e le vicende della Città in quattro volumi nel “Palermo restaurato”.

(6) nato nel 1527 a Palermo ove è deceduto nel 1595, uno dei maggiori scultori siciliani; le sue opere sono sparse per tutta l’Isola.

(7) ? – 1705 – erudito, storico dell’architettura palermitana.

(8) è quel gruppo scultoreo, nella villa Bonanno, nel giardino antistante il Palazzo dei Normanni, in stile barocco, realizzato dagli scultori Gaspare Guercio, Carlo d’Aprile e Giacomo Serpotta nel 1662 per celebrare la gloria di Filippo il Grande (Filippo IV di Asburgo re di Spagna e di Sicilia) la cui statua andò distrutta durante i moti rivoluzionari del 1848 e che venne sostituita nel 1856 con la statua di Filippo V eseguita da Nunzio Morello.

(9) nacque in Spagna e fu educato a Napoli, iniziò la carriera della magistratura, poi passò a quella diplomatica; durante il Regno di Carlo di Borbone svolse funzioni diplomatiche per il Regno di Napoli, sia a Torino, che a Londra e a Parigi. Fu Vicerè di Sicilia dal 1781 al 1786. a lui si deve la abolizione del Santo Uffizio definito “vera macchina di orrore al servizio dell’oscurantismo”. La piazza assunse il suo nome.

(10) 1855-1937, studioso della storia palermitano, storico dell’arte.

(11) 1720-1802 – Francesco Maria Emanuele Gaetani marchese di Villabianca e conte di Belforte, Senatore, Commissario generale del Regno di Sicilia, Governatore della Nobile Compagnia della Carità e del Monte di Pietà, storico appassionato.

 

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