IL MORSO DEL TEMPO E LA MAPPA DELL’OMBRA

Un’incursione nel mondo “visionario” di Francesco Maria Cannella 

                                          autore   di PER OBLIQUO RUMORE (Palermo, Edizioni Thule, 2018)

(Antonio Martorana)

Francesco M. Cannella

Ai fini di un corretto approccio metodologico alla poesia di Francesco Maria Cannella bisogna tener conto che centrale in essa è la “logica della non prevedibilità”, nella cui ottica Maurizio Della Casa precisa che “vanno intese le prospettive plurime, gli spostamenti nei confronti di quanto ci si attendeva, l’introduzione di legami ove parrebbe proporsi la disgiunzione, o di esiti diversi e provocanti laddove l’arco pareva destinato a rinchiudersi”.Una posizione strategica occupa, nell’organizzazione strutturale del discorso cannelliano, la metafora, con la sua funzione di trasferimento semantico, spesso supportata dal paradosso.  L’opera di Cannella va dunque letta alla luce dei topoi che ne costituiscono la galassia culturale, in base ai quali il suo statuto viene definito in rapporto ad altri discorsi, generi e pratiche artistiche. Si tratta insomma di analizzare questo mosaico di schegge di varia provenienza dall’angolo visuale di quella che Genette definisce la “trascendenza testuale” o transtestualità.

Per lui, sulla scia di Lacan, il discorso si presenta come un enigma, dietro la cui sagoma misteriosa si cela l’io, ambigua topologia di identificazioni immaginarie. Pertanto, nell’approccio ermeneutico ad un determinato nucleo segnico, si rende necessario il passaggio, per la griglia delle facoltà ricettive dell’io, ad un ulteriore livello di decodificazione, tramite il simbolo, espressione del rapporto interattivo tra la psiche, l’organico e l’ambiente. Tuttavia, come lo stesso Autore fa bene a precisare, per sgombrare qualsiasi equivoco, il suo sperimentalismo non significa affatto strappo, ma interfaccia tra sé ed i codici ai quali non ha difficoltà ad attingere, significa costruzione di una spirale dialettica mirante a recuperare i segni archetipici di una cultura scrostata della ruggine depositàtavi, facendoli salire con regolare biglietto sul treno ad alta velocità della transizione, della divergenza e delle illusioni del tempo dimensionale. Gli effetti stranianti che ricorrono nella silloge riverberano la stretta interrelazione tra ambiguità, enigma e metafora.  Non coglierà nessuna delle risonanze presenti nel testo di Cannella il lettore che intende prescindere da una visione di ipoteticità, rimanendo imbrigliato in un meccanicismo destinato a impoverire in modo riduttivamente monodirezionale la densa e sofferta problematicità del messaggio. Se detto lettore vuole cogliere gli scarti che si vanno producendo all’interno del testo, dovrà optare per una logica non solo sintagmatica (di successione), ma anche paradigmatica (di continuità): una logica verticale, in grado, secondo il noto assunto di Jakobsòn, di proiettare il principio di equivalenza dall’asse della selezione all’asse orizzontale del paradigma, o asse della combinazione. Così, con la sua nuova silloge, l’Autore torna ad imporsi all’attenzione come una delle voci più interessanti dell’odierno panorama letterario, grazie alla potenza implosiva del suo sistema idiomatico, autentico macrosegno stilistico del processo metamorfico che investe in atto il mondo della letteratura e delle arti in genere.

 

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