IL TRITTICO FIAMMINGO DI POLIZZI E LA RISCOPERTA DI ANTONIO BORGESE

(Ida Rampolla del Tindaro)

Nel quadro delle manifestazioni promosse  a Polizzi dal Parco letterario Giuseppe Antonio Borgese per far conoscere lo straordinario Trittico fiammingo custodito nella Chieda Madre e attribuito ultimamente al van der Weyden, merita un particolare cenno l’incontro dedicato ad Antonio Borgese, padre del grande scrittore e autore di uno studio critico sul quadro. E’ stata l’occasione per scoprire  un personaggio finora sconosciuto, anche perché offuscato dalla celebrità del suo grande figlio Giuseppe Antonio, critico, narratore, poeta e saggista di fama internazionale. La manifestazione rispecchiava in tal mondo le finalità del Parco letterario, sorto in base e una convenzione stipulata tra la Società Dante Alighieri, il Paesaggio Culturale italiano Srl e il Comune di Polizzi Generosa, allo scopo di salvaguardare e  valorizzare, attraverso il Parco intitolato al famoso scrittore, i  luoghi di ispirazione dell’autore e delle figure più importanti della storia culturale , artistica,letteraria e scientifica di Polizzi Generosa. E, tra queste, c’è appunto il padre  dello scrittore,l’avv. Antonio, autore di varie pubblicazioni di cui, finora, non si era mai parlato. Eppure la sua influenza sul figlio, che lo ricorda spesso nella sua opera, è stata notevole. Il ciclo di manifestazioni riservate al Trittico ha consentito anche di riscoprire dei luoghi di grande interesse storico e artistico, come l’Abbazia di S. Croce risalente all’epoca della sua fondatrice, la regina Bianca di Navarra, che aveva un suo castello a Polizzi,  e fatta recentemente restaurare da un appassionato studioso, il dott. Pietro Citarella, che ha recuperato antichi reperti ,ha fatto riportare alla luce  alcuni preziosi affreschi dell’antica cappella ed  ha curato in modo particolare lo splendido parco che la circonda.   In questo suggestivo scenario, in cui i ritrovamenti artistici si inseriscono in una  natura lussureggiante  circondata da  ampie vallate  e  dalle vette delle Madonie , in un mirabile  incontro tra storia, arte e natura,  si sono svolte infatti alcune delle manifestazioni riservate al Trittico, riguardanti  tutti i suoi  complessi significati:  la geometria segreta, illustrata da Luciano Schimmenti, l’importanza del Trittico nella koiné mediterranea,  di cui ha parlato Vincenzo Abbate,  le opere letterarie e critiche ispirate al quadro, esaminate dalla scrivente,   e la lettura iconografica, illustrata nella  Chiesa Madre, davanti al quadro, da Mons. Crispino Valenziano.  Il titolo dell’insieme di queste manifestazioni era infatti  quanto mai significativo: dal Trittico di Rogier van der Weyden alla cittadinanza europea.  Il richiamo agli scambi culturali un tempo molto intensi tra la Sicilia e le Fiandre,  messi in evidenza dal fotografo  Luciano Schimmenti nei suoi due volumi ispirati al famoso quadro  ,è apparso quanto mai attuale.  La presentazione dell’opera di Antonio Borgese sul Trittico è avvenuta invece in un altro luogo  anche questo  suggestivo, l’antica chiesa dei Cappuccini, che, priva di tetto, ricorda  in piccolo, anche per le linee architettoniche, lo Spasimo di Palermo. Qui  gli spettatori hanno avuto modo di scoprire l’opera sconosciuta di un  autore polizzano. noto finora  solo come padre dello scrittore.  Le prime notizie su di lui le abbiamo nel celebre romanzo del figlio, Rubé, in cui una donna racconta a Filippo il carattere e le abitudini dell’Avvocato, sobrio, austero, riservato, amante della natura e dei libri.  Lo  scrittore rivela inoltre, in molte sue pagine di ricordi, l’importanza che avevano avuto, per la sua formazione, i libri della biblioteca paterna, formata soprattutto da opere classiche. L’avv. Borgese  era anche un grande cultore di memorie storiche locali. Aveva scritto, infatti, diverse piccole monografie di personaggi del suo tempo, come  il valoroso garibaldino Luigi Dominici, che salvò a Palermo la vita a Di Rudinì in un attentato , morendo poi per le conseguenze della ferita,  o il dott. Francesco Paolo Rampolla, autore di alcune procedimenti medici  innovativi molto apprezzati in Francia, dove gli avevano tributato particolari riconoscimenti. Ma l’opera di cui si è parlato a Polizzi è il suo studio  sul Trittico ( ripubblicato per la prima  volta nel libro di Schimmenti.)  dove Antonio Borghese  fa un minuzioso e analitico esame di ogni particolare del quadro, ricorrendo spesso  a citazioni dantesche e a riferimenti storici e letterari d’ogni genere.  Le sue descrizioni sono spesso insolite  e delicate. Parlando ad esempio del velo di tulle che copre il capo di S.Barbara, lo paragona a una sfumatura di candida nuvola: “soffiateci – egli dice . e si dileguerà come una spuma”. L’Avvocato spinge la sua immaginazione fino a raffigurarsi S.Barbara che si avvia verso la gran torre in cui sarà sepolta viva, e ne descrive il percorso con toni cupi e drammatici, di un gusto tardo-romantico.Il tutto è sempre intervallato da espressioni latine e da versi italiani che appaiono,  più che riferimenti eruditi, il naturale modo di esprimersi di chi sa fondere con estrema naturalezza cultura , poesia ma anche considerazioni psicologiche e morali che si rivelano, oggi, ancora attuali.  La S.Barbara del quadro,  per lui, vuole essere e non parere. Essere e non parere è per lo scrittore  “l’essenza di ogni pudore, è santità: invece, nel nostro secolo , predomina la vanità di tutte le vanità, quella di voler parere senza essere”.  Borgese alterna le impressioni personali alle considerazioni critiche, rivelando  anche, nelle numerose pagine dedicate alla pittura fiamminga, di avere a lungo studiato l’argomento. Per lui, il quadro era di van Eyck : era rimasto colpito, infatti, dalle tre piccole querce  (che nell’antico fiammingo si chiamavano appunto eyck) dipinte in basso al quadro, simili a  un emblema personale, e dalle foglie di quercia riprodotte nella corona di S.Caterina  e nel tessuto dell’abito.  Il ragionamento, dal punto di vista della logica, era accettabile. Ma l’attribuzione è oggi stata confutata   da Schimmenti  con una prova  ineccepibile: l’Ave regina angelorum  del Fray  riprodotta nel cartiglio dell’angelo ( e che  gli  spettatori hanno avuto modo di ascoltare , in un’atmosfera di mistica emozione)  era stata composta quando il pittore era già morto. Ma Borgese fa parecchie altre osservazioni dettate dal buon senso: è il primo, ad esempio, ad avanzare dei dubbi sulla leggenda  che circonda l’arrivo del quadro  a  Polizzi, in base ad alcune esatte considerazioni,   e confuta anche, con la forza argomentativa  degna di un avvocato, alcune  false interpretazioni di antichi cronisti. Egli non è tuttavia un critico o uno storico d‘arte.  E’ uno scrittore -poeta  che si serve della sua non comune cultura per descrivere il quadro con immagini insolite e ricche di lirismo: e questo appunto rende originale  la sua opera, interessante anche dal punto di vista letterario e ricca di geniali intuizioni. Egli rivela anche delle qualità umane non comuni. Anzitutto dichiara di non voler imporre a nessuno la sua opinione, anzi domanda agli  eruditi  di controllarla  attraverso la critica più severa: perché, egli dice, di null’altro dobbiamo preoccuparci che della scoperta della verità, mettendo da parte ogni amor proprio. E’ una  bellissima dichiarazione di umiltà  e di amore per la verità, che dimostra come la vera cultura sia sempre lontana da ogni forma di presunzione. Il testo del Borgese è stato letto da tre ottime interpreti, Arcangela Pappalardo, Katy Albanese  e Cristina Di Giovanni, che, in costumi d’epoca , sotto la sapiente regia di Sergio Lo Verde, si alternavano nella lettura  nel suggestivo scenario notturno al chiaro di luna, con , nello sfondo, le figure del quadro messe in evidenza da un abile gioco di luci  e di inquadrature. Le  dolci musiche del sottofondo, suonate da Gloria Liarda e Cristina Di Giovanni, accrescevano l’incanto dell’originale rappresentazione, che ha offerto agli spettatori, insieme al piacere della scoperta di un testo ignorato, momenti di autentica  emozione poetica.

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