LA TEMPESTA

(Gabriella Maggio)

Renato Carpentieri ( ph. Blog Sicilia)

Il 7 dicembre 2018 è andata in scena al Teatro Biondo di Palermo La tempesta di W. Shakespeare, nella traduzione di Nadia Fusini, per la  regia di Roberto Andò, prodotta dallo  stesso Teatro. La  trama racconta di Prospero, duca di Milano, che, attratto dalle arti magiche, trascura il  regno tanto che il fratello Antonio glielo sottrae e lo manda via con la figlioletta Miranda. Prospero approda su un’isola dove esercita in piena libertà le sue arti magiche finchè una tempesta da lui stesso suscitata fa  naufragare  la nave che trasporta il re di Napoli, Alonso, suo figlio Ferdinando, il duca di Milano, Antonio, e vari cortigiani. La scena  ideata da Gianni Carluccio  è ambientata in  una casa fatiscente circondata dal mare dove da anni Prospero vive con la figlia Miranda.  Prospero è interpretato  dall’ottimo Renato Carpentieri, che con levità assume e fa propria la vicenda del personaggio filtrandola attraverso la propria esperienza di attore e di uomo.  Intorno a lui si muovono  l’ Ariel ben interpretato da Filippo Luna e il Caliban – saltimbanco dell’instancabile ed efficace Vincenzo Pirrotta. Fanno da contorno gli altri personaggi generalmente poco incisivi. Scontata la comicità, indirizzata al facile applauso, del Trinculo di Paride Benassai. L’opera shakespeariana è assai complessa e non riducibile ad un’unica chiave di lettura, teatro e vita vi si corrispondono e non è possibile operarne una separazione plausibile. Opera ultima del drammaturgo, La tempesta, carica dell’esperienza della vita e del teatro è caleidoscopio del disincanto e dell’ineluttabile accettazione della vita com’è. L’opera ha  la leggerezza e la complessità  dei classici, che rivelano significati sempre nuovi ad ogni lettura e ad  ogni attento lettore. Le note di regia di Roberto Andò ancorano il testo di Shakespeare al Tomasi di Lampedusa immaginato e ricostruito dallo stesso Andò nel film Il manoscritto del principe. Un’eco  di disincanto dove si mescolano cultura ed esperienza   accomuna  i personaggi del principe e di Prospero. Il lieto fine che sigla la storia è apparente , ben lontano da un esito di felicità, perché contiene una nota dissonante, che si coglie verso la fine  dell’opera. Ferdinando e Miranda , sposi promessi, stanno giocando a scacchi e la  donna rimprovera l’innamorato di barare. Non lo farei nemmeno per il mondo, replica Ferdinando, Sì, invece, ma anche se tu lo facessi solo per qualche regno ugualmente ti direi che il tuo gioco è leale. È una battuta splendida, in cui l’illusione d’amore si colora dell’ambiguità di ogni atto umano. Su questa consapevolezza di un’inestricabile ambiguità  si fonda la rinunzia alla magia e di conseguenza  al sogno di un’armonia possibile nel mondo, di ogni nuovo ordine di civiltà. Questo aspetto viene rappresentato  in chiave esistenziale  ed intima. Lo spettacolo è stato  apprezzato dal  pubblico.

 

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