DUECENTESIMO DELL’INFINITO DI GIACOMO LEOPARDI

(Daniela Crispo)

L’Infinito è stato composto a Recanati  nel 1819. Leopardi gioca sul paradosso, sul volere rendere il concetto dell’infinito attraverso la negazione del finito : è seduto immobile con la visuale impedita da una siepe, ma viaggia verso spazi e tempi infiniti.

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

 E questa siepe, che da tanta parte

 Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

 Ma sedendo e mirando, interminati

 Spazi di là da quella, e sovrumani

 Silenzi, e profondissima quiete

 Io nel pensier mi fingo; ove per poco

 Il cor non si spaura. E come il vento

 Odo stormir tra queste piante, io quello

 Infinito silenzio a questa voce

 Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

 E le morte stagioni, e la presente

 E viva, e il suon di lei. Così tra questa

 Immensità s’annega il pensier mio:

 E il naufragar m’è dolce in questo mare.

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