LA SCONFITTA DEL CANTAUTORE *

(Andrea Di Napoli)

Se solo avessi potuto farlo, avrei voluto pubblicare questo articolo
su una “Rubrica musicale” del 27 gennaio 1967

(ph.A. Di Napoli)

Gli italiani restano sempre il popolo degli spaghetti e del mandolino. Nel nostro Paese, per strada, quasi tutti sono in grado di fischiettare melodie straordinarie, ma i testi delle canzoni riguardano solo l’amore, le rose e le colombe. Non siamo più negli anni ’50, ma nel 1967 ed i circuiti commerciali della fiorente industria discografica italiana passano obbligatoriamente per le manifestazioni canore, le gare “all’ultimo voto” ed il famoso Festival di Sanremo. Tra i partecipanti di questa edizione c’è Luigi Tenco, un esponente della cosiddetta “scuola genovese” che riunisce dei musicisti capaci di scrivere anche le liriche e di interpretarle personalmente. Questa caratteristica li distingue dai semplici “parolieri” che scrivono qualche prevedibile rima destinata ad un brano di musica leggera. Insieme a cantautori come Gino Paoli, Umberto Bindi, Bruno Lauzi e Fabrizio De Andrè, anche il giovane Tenco è destinato a lasciare una traccia indelebile nella Canzone Italiana. Nonostante un brusco cambiamento voluto all’ultimo momento da una “austera” censura, il testo di “Ciao, Amore, ciao” che Luigi Tenco ha cantato sul palco della Città dei Fiori, parla alle coscienze degli italiani che finora hanno preferito ignorare le problematiche sociali o i rischi legati alle proprie scelte personali, anche quando sono espressi in una forma poetica. Mi piacerebbe potere narrare del successo dell’originale “pezzo”, cantato anche dall’interprete franco-italo-egiziana Dalida, descrivere l’innovazione artistica, il risveglio dell’impegno e della sensibilità del pubblico, il gradimento della critica e dei gusti musicali degli italiani, i quali, invece, facendosi la barba continueranno a cantare di fiori, cuori e barche, che in realtà vanno alla deriva. Non solo “Ciao, Amore, ciao” verrà immediatamente esclusa dalla grottesca competizione canora, ma anche il suo autore quella sera stessa deciderà di uscire tragicamente dalla scena della vita. Ma lo show-business non perderà l’occasione di dimostrare tutta la propria indifferenza lasciando proseguire un cinico spettacolo diventato angosciante. La canzone d’autore rimarrà ancora a lungo un fenomeno di nicchia. Solo poche radio manderanno coraggiosamente in onda un genere deliberatamente difficile da canticchiare e, per scelta, poco commerciale. Fra molti anni, nel 2020 forse, qualcosa sarà cambiata in meglio , almeno apparentemente.

* Postato su Steempeak

 

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