BIOETICA E CINISMO AL TEMPO DEL COVID

Carmelo Fucarino

Credevo che fosse uno scivolone, una ingenua boutade di qualche politico italiano per arraffare un pugno di voti prossimi venturi. O una scelta amorale dei finanzieri svizzeri, privi di morale, per i quali si deve prescindere dall’etica, perché il denaro è tutto, anche se puzza orribilmente. Basta chiuderlo in conti ben protetti, in scatole dentro altre scatole, l’infinita matrioska tra Emirati ed Antille, denaro non più portato da spalloni ben remunerati sui valichi alpini, ma con un tasto sfiorato di un computer o da un cellulare. D’altronde se la difesa è “sempre legittima”, anche se si deve scambiare con un pugno di pietre, superfluo gingillo di colli senza testa. «Particolarmente belle sono le pagine che Asher Colombo consacra alle decisioni drammatiche di fronte alle quali si sono trovati molti medici. Come racconta uno di loro: «Gli ottantenni quando abbiamo capito cosa stava succedendo, non li abbiamo più presi. Abbiamo preso solo gente che aveva chance. (…) questa cosa in Italia non si può dire, però di fatto è  quello che abbiamo fatto. Anche perché i posti letto erano quelli. Se mettevamo gli ottantenni, non mettevamo quello che ce la poteva fare. Il criterio era: ce la fa o no». Così mi trovo a leggere inorridito in una esultante recensione di Michela Marzano al tragico saggio di Asher Colombo, La solitudine di chi resta. La morte ai tempi del contagio, il Mulino, pubblicata su Robinson Libri, la Repubblica, sabato 24 aprile 2021, pp. 13. Prima domanda che mi incuriosisce fino al delirio: cosa ha potuto trovare di “particolarmente bello”, l’esimia signora Marzano che si autodefinisce filosofa, accademica, politica e saggista italiana, laurea anche in bioetica?  Aggiungo io attiva in politica tra un partito e l’altro. Seconda domanda che mi offende: perché come tutti i politici questo medico si nasconde dietro il noi, volendo così rappresentare tutti i medici italiani? Anche quelli che per spirito settario si definiscono obiettori e se ne lavano le mani, come se si potesse prendere lo stipendio da uno Stato del quale si rifiutano le leggi, in nome di una opinabile scelta morale? Terza domanda: come può avvenire che questa cosa in Italia non si può dire, nel momento in cui la sta sbandierando come una sfida alla falsità di tanti altri medici presentati giustamente da eroi che sanno e accettano l’azzardo di curare degli innocenti indifesi? Forse che nelle altre Nazioni del mondo ciò avviene e si grida “non si prendono ottantenni”. Bello il verbo ‘prendere’! Sempre con il noi (è un ‘noi’ maiestatis, come parlavano i re e oggi i leader politici anche a nome del popolo che non rappresentano?) biecamente e falsamente non lo hanno detto ma lo hanno fatto. Diamante fra le perle: mancando i posti letto, “mettevamo” (oggetti?) quelli che ce la potevano fare. E come indovinavano chi potesse farcela? come e chi decideva? Guardandoli negli occhi e scegliendoli secondo la fisiognomica pitagorica? oppure tirandoli a sorte? O forse, trattando ormai comunamente la questione come una guerra – peccato che l’atomica non serve – forse si potrebbe usare come nelle ultime benefiche guerre, la decimazione. No, certo all’italiana come sulle Alpi con i soldati renitenti, non a forfè come quella tedesca alle fosse Ardeatine. E dire che spesso il virus “mette” e “prende”, come Minòs, orribilmente, e ringhia: / essamina le colpe ne l’intrata; /giudica e manda secondo ch’avvinghia (Inferno, V). E il centenario gli fa marameo  con uno sberleffo e soffoca il giovane che ha scarse difese o è stato troppo tracotante e si è fatto sor-prendere. Peccato che come ottantenne, parlo pro domo mea. Ma sempre orrenda resta la decimazione in nome dell’etica. Certamente vale cambiare un partito politico in difesa dei diritti di figliolanza degli omo, ma credo che valga ancora in nome della bioetica difendere con le unghie e i denti la sacralità della vita senza se e senza ma. Siamo giunti al fondo della spregiudicatezza. La questione verte, più che nell’abbandono bioetico, nel trovare immediati posti ai contagiati, anche negli alberghi di lusso vuoti, nei ristoranti, nei saloni dei partiti, perché no, anche nelle chiese come avveniva nei secoli bui. Sempre nel memento agli odierni giovani che è la vecchia malattia di senechiana memoria e che si può loro augurare loro di raggiungere i felici e paradisiaci anni ottanta.

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