PER FEDERICO FELLINI

(Gabriella Maggio)

Ricordo gli agosti chiancianesi nei giorni intorno al ferragosto. Nelle prime ore pomeridiane era possibile incrociare Federico Fellini che da  viale Baccelli andava verso Piazza Italia. Indossava un panama, occhiali da sole scuri, sciarpa rossa sulla camicia di lino bianca e tutti i sogni dei suoi film. Qualche ora più tardi si poteva  vedere  passare per Piazza Italia col passo agile e aggraziato di Gelsomina anche  Giulietta Masina in tailleur chiaro bon ton e borsetta al braccio. Sono trascorsi venticinque anni dalla morte del regista avvenuta il 31 ottobre del 1993. Fellini è arrivato alla regia in pieno neorealismo, dopo l’esperienza del giornalismo, del disegno umoristico e della sceneggiatura.  La sua formazione di regista  avviene alla scuola neorealista  di Rossellini, collaborando alla sceneggiatura di Roma città aperta  e Paisà.

Con Alberto Lattuada  nel ’50 gira Luci del varietà . Nel ’52 dirige  Lo sceicco bianco che non ottiene successo di critica e di pubblico. Il film trasforma i canoni neorealisti all’interno del neorealismo stesso: l’attenzione alla realtà  è trasfigurata  in senso magico ed onirico: Roma è rappresentata con gli occhi incantati e ingenui di Ivan Cavalli un  provinciale in viaggio di nozze. E lo sceicco bianco sull’altalena rappresenta l’irruzione del magico, del fantastico nel reale, anche se è un fantastico posticcio e di cartapesta. È  la  rottura con il canone neorealista. Seguono I vitelloni, Leone d’oro nel ’54, e La  strada, premio Oscar come miglior film straniero, La dolce vita del 1959, 8 e 1/2 ,1963, Giulietta degli spiriti,1965, Fellini Satyricon , Amarcord ed altri.  L’ultimo film del 1990  è il malinconico La voce della luna. Fellini  ha definito i suoi film commedie nel senso di situazioni comuni, umane, che si svolgono in una realtà imprevedibile, che viene ritratta senza denunce o facili giudizi con intensa puntualità  nei suoi vari aspetti che approdano tutti nel circo, luogo magico dove la fantasia non ha confini.  I personaggi spesso autobiografici  sono colti nell’attesa di qualcosa di indefinito, sogni del regista  e dei sogni hanno il mistero impalpabile. L’ arte di Fellini si è fondata sulla relazione tra l’impressione della realtà e la proiezione onirica. In fondo diceva sempre : l’unico vero realista è il visionario. E così ha dato una rappresentazione vera e potente della società italiana.

 

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