Un grande spettacolo per un grande impegno

(Carmelo Fucarino)

Un lungo stage, vera e propria opera formativa in full immersion, prove su prove, per tante serate rubate alla famiglia dopo una giornata di lavoro ed alla fine gli applausi scroscianti della platea, in un teatro stracolmo.
Merito del regista, musicista, scenografo e traduttore in dialetto siciliano del difficile testo di Aristofane, Claudio Russo, ma anche degli attori che hanno saputo calarsi nei personaggi e rilevarne la personalità, incarnarne caratteri e tic individuali.
Alla fine di questa mia carrellata su alcuni aspetti della commedia greca classica e del teatro di Aristofane in particolare, gli spettatori hanno potuto vedere nella realizzazione scenica le difficoltà dell’argomento, ma anche i passaggi di tono e di stile, che hanno marcato la perfomance in dialetto. Le spigliate e fresche interpretazioni dei due co-protagonisti, forse fra i più esilaranti della commedia, il past president Attilio Carioti-Blepiro, il marito della rivoluzionaria compagna comunista, e il prossimo presidente Giuseppe Maccarone-Cremete, calato nei panni del vicino di casa, gli uomini in giallo, colore proprio delle vesti femminili, sono i gabbati dell’intraprendente donna del fare, Lavinia Maccarone, la greca Prassagora intorno alla quale gira tutta la burla aristofanesca. Sono le due antitesi dello stravolgimento o ribaltamento comico, gli uomini con ciabatte e vesti femminili, le donne barbute che hanno “buttato il rasoio” e calzato gli scarponi, il rovesciamento della realtà. Poi il Parlamento, nelle prove iniziali e nella finta adunanza, dove continua a tornare a galla la natura femminile, il senso di una impossibilità di cambiare le parti, allora. Oggi forse meno evidenti, sia nel linguaggio al maschile di certe ragazze sia nelle situazioni di falso femminismo. In questa finzione di essere maschi, difficile nei caratteri scenici si sono cimentate le neo attrici con una verve e un impeto sorprendente per non professioniste. Originale, ma non aristofanesca l’intrusione del concorrente delle donne che riesce un po’ a scompigliare le carte. Delizioso il cammeo della banditrice-Lucina, freschi e sciolti i battibecchi per la consegna dei beni del pragmatico strafottente Santo e della sua degna spalla.
Ma queste sono semplici osservazioni su scene più connotate, perché tutti gli attori sono stati bravi, dalle graffianti macchiette delle Vecchie, Gianni e Patrizia, alla Stinnicchiata-Gabriella e a Maria, Rosa e Rosalba, a Gerardo, Pinella, Rolando, Giuseppe, Alberto, Simona, Vittoria, Maria Pia, Cettina, Silvia, nessuno escluso, ognuno con il suo personaggio e la sua spontaneità comunicativa.
L’allegra ed essenziale scenografia e gli spassosi costumi e travestimenti di Benedetta e Giusi, e per completare la festa del pubblico banchetto comunista,  l’immensa multicolore tavola imbandita, una vera delizia per la vista, la torta-cornucopia di Maria Pecoraro.
L’augurio che la compagnia si riunisca presto per la nuova programmazione, con un consiglio. Forse la comicità di Plauto risponderebbe meglio in un palcoscenico moderno per il suo italum acetum e per le minori difficoltà di traduzione e di ritmo teatrale.

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