Fonti energetiche. Quali?

(Natale Caronia)


Il 19 agosto scorso il quotidiano parigino Le Monde ha pubblicato un articolo a firma di Jean-Michel Bezat che denuncia l’aumento del 3% delle tariffe elettriche in Francia per finanziare l’aggiornamento della produzione energetica, che per il 70% è di origine nucleare (58 centrali) e la sua distribuzione. Nel servizio viene riportato il grafico in cui si rileva che un megawatt/ora costa in Francia 122,5 Euro, contro i 199,7 dell’Italia e sottolineato che, sebbene l ‘aumento chiesto dalla società elettrica francese sia superiore al tasso d’inflazione, è pur sempre vero che i francesi pagano l’energia elettrica il 30% in meno che la media europea e che gli investimenti servono a garantire il vantaggio competitivo. Il giornalista si pone una domanda finale: durerà questo vantaggio competitivo rispetto alle energie fossili? Con barile di petrolio a più di 50 dollari ed il carbone a più di 20 dollari a tonnellata, l’avvenire del nucleare è assicurato. Nell’articolo “Schatten von der sonne” di Markus Balser su Suddeutsche Zeitung del 27 agosto u.s., viene riportata l’iniziativa della Siemens per la realizzazione di pannelli solari nel deserto del nord Africa, motivata dalla insolazione della regione e dalla possibilità di grandi spazi ove collocare le grandi superfici di pannelli solari, con un progetto che si prevede operativo nel 2050. Per utilizzare in Europa l’energia così prodotta è necessario realizzare anche un sistema di trasferimento sottomarino, che ha un alto costo. Per intenderci, il gasodotto che dal nord Africa porta il gas in Sicilia, è costato 10.000 miliardi di vecchie lire, quanto previsto per il ponte di Messina.
Sul quotidiano “La Repubblica” del 28 agosto u.s., viene lanciata una critica sull’eolico che si vorrebbe realizzare nel Salento, con pale di 80 metri di altezza, a sconvolgere un paesaggio spettacolare, carico di storia: “pannelli solari e pale tra gli ulivi. E la storia muore”.
Diventa difficile, a questo punto, districarsi tra idee divergenti, condizionate anche da interessi divergenti.
Avendo in mente l’eredità di Socrate, partiamo dal chiarire i termini del discorso.
Assunto che un popolo ha bisogno di energia per vivere e progredire (Jean-Jacque Rousseau ha già dimostrato che, anche se auspicabile, è impossibile il ritorno all’epoca delle caverne), rimane l’energia elettrica quale principale fonte energetica per la sua duttilità d’impiego, prodotta tramite turbine, azionate dalle cascate d’acqua provenienti da dighe, o dal vapore prodotto dalla combustione dei fossili (gas, petrolio, carbone), o dall’energia solare o dalle pale eoliche o dal nucleare. Naturalmente le basi di partenza per un discorso sull’energia sono: costi, fattibilità ed accettazione degli impianti da parte della popolazione.
In un mondo globalizzato, che deve produrre ed esportare in regime di aspra concorrenzialità, primaria importanza riveste la disponibilità di energia a basso costo o, comunque, di costo allineato agli altri paesi produttori per non restare fuori dal mercato, come dimostra l’uso massivo di combustibile fossile altamente inquinante da parte dei paesi cosiddetti emergenti, che ricevono dal meccanismo di produzione di grandi volumi di manufatti, incrementi annui del PIL a due cifre.
Indubbiamente l’ideale è la produzione di energia non inquinante, quali l’idroelettrica (non ulteriormente implementabile per lo sfruttamento delle acque giunto al top), o l’eolica (contestata per l’impatto ambientale) o la fotovoltaica (che ha il rendimento di solo il 15% – Ing.Roberto Vacca, divulgatore scientifico sul Corriere della Sera del 17 agosto u.s.- e che necessita di grandi superfici per il posizionamento dei pannelli).
Similmente contestata è l’energia di origine nucleare, per la localizzazione (nessuno vuole centrali vicino casa) e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, per non parlare dell’angoscia persistente dopo la tragedia di Chernobil, che ha costretto l’Italia ad abbandonare la via al nucleare, già intrapresa, ma che non impedisce al nostro Paese di acquistare dalla Francia energia elettrica generata dal nucleare, creando dipendenza da una fonte nata per sopprimere la dipendenza dal fossile (doppia dipendenza).
Il nostro Ente Nazionale per l’Energia (ENEL) dichiara di aver utilizzato nel corso del 2009 le seguenti fonti primarie: fonti rinnovabili 31,6%; carbone 13,1%; gas naturale 43,5%; prodotti petroliferi 4,3%; nucleare 1,5%; altre fonti 6,1%.
Pertanto, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, come impone l’economia politica, è indubbiamente il sistema che permette all’Italia, dipendente fortemente dall’estero per risorse, di poter contrattare al meglio le condizioni di fornitura, in attesa che la padronanza di tecnologie future possa affrancarci. In atto rimane indispensabile ricorrere a tutte le varie tipologie di risorse energetiche. Nucleare compreso.

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