LA BOTTE MIRACOLOSA

(Leda Melluso)

Detta con disprezzo dagli italiani ‘ male francese’ e dai francesi ‘male napoletano’, la sifilide era in passato una malattia molto diffusa in tutta Europa. Un amanuense del XV secolo , impressionato da questo male , mentre copiava i Bandi e Provviste della città di Palermo del 1495-96, annotava sul volume che in corpi di homini e donni a cui tali infermatati veni chi nascono tanti di ampulli grossi. I rimedi per la malattia, ritenuta dalla Chiesa un castigo divino per i peccati degli uomini, erano veramente pochi. Tra questi il mercurio , usato talvolta in modo talmente empirico da provocare orribili piaghe, sofferenze inaudite e spesso anche la morte. Se il mercurio però era l’unica cura per questa malattia e qualche effetto benefico lo produceva, perché allora non immergere il paziente in un luogo dove i suffumigi mercuriali potessero penetrare in tutto il corpo senza fare danno? Nel 1698 questa idea venne in mente a Tommaso Campailla, poeta e scienziato di Modica, autore fra l’altro del poema filosofico l’Adamo, dedicato a Carlo VI d’Austria , imperatore e re di Sicilia. Pur non essendo medico, Campailla mostrò grande interesse per la fisica e la medicina e , dopo vari tentativi, riuscì a sperimentare una cura per la sifilide conosciuta ben presto in tutta Europa per i suoi effetti benefici. Fece costruire una botte simile a quelle usate per il vino, ricoperta esternamente da un grosso strato di argilla impastata con rottami di terracotta; una porta di legno consentiva l’ingresso del malato attraverso un’apertura larga 50 centimetri. L’interno della botte veniva riscaldata da un braciere pieno di carbone vegetale che raggiungeva la temperatura di 70 gradi. Nudo come un verme e disperato come un condannato a morte, il malato, dopo essere entrato, si sedeva sopra un piccolo sgabello di legno. A questo punto il malato preparava il suffumigio, spargendo a poco a poco sopra il bracierino un miscuglio di cinabro e d’incenso avvolto in carta. Ne usciva stordito e affumicato ma pieno di speranza di una pronta guarigione. La cura di Campailla fu praticata per lungo tempo non solo per la sfilide ma anche per i reumatismi e l’artrosi. Fino agli inizi del Novecento, nelle stazioni ferroviarie dei più importanti luoghi climatici, grandi cartelli annunciavano: “A Modica le botti di Campailla per la cura della lue”. Sempre nel Novecento, il prof. Mannino, nel sanatorio per i sifilitici costruito a Palermo, la usava ancora anche se con metodi un po’ diversi. Fino a qualche tempo fa la botte del dottor Campailla era conservata nell’ospedale comunale di Modica. Si trova ancora lì?

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