A Pietro Manzella

(Carmelo Fucarino)

Un omaggio all’… Acetilene

Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum. 5
Non omnis moriar multaque pars mei
uitabit Libitinam; usque ego postera
crescam laude recens, dum Capitolium
scandet cum tacita uirgine pontifex.
Orazio, Carmina, III, 30, 1-9

È questo il valore di ogni verso, essere scolpito sul bronzo per l’eternità. Quella scintilla del cortocircuito interiore che si è fatta luce per sempre. Che poi gli altri ricevano qualcosa da questa folgorazione è indubbio, ma non sta al poeta stabilirne il che e il come. L’anima in un momento particolare si è manifestata e ha trovato lo strumento nel verbum, la parola che i Greci chiamavano Logos. Il grande libro della Buona Novella, in quella parte, quarta ed ultima, del discepolo filosofo, Giovanni, colse il valore reale dell’essere e iniziò con la celebre sapienza: ΕΝ ΑΡΧΗ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος (“In principio era il Logos / ed il Logos era presso Dio / e Dio era il Logos (Giov. 1,1).
Perché l’uomo fin dall’origine fu Parola e divenne cittadino (politikón zoon, “essere vivente della polis”) con la parola. La prima sua espressione, al contrario di quanto oggi si pensa e dice, fu però solo e semplicemente poesia. La letteratura occidentale inizia con i poemi omerici con il geniale e divino esametro, i popoli primitivi, fino al secolo scorso, si cantavano intorno ai falò le loro radici in versi. Tutta la cultura greca antica è poesia, dalla didattica gnomica esiodea alla spiegazione dell’arché dell’universo e della vita umana, ricordo degli antenati e vita quotidiana, nozze e funerali, tutta la vita era solo poesia. Perché niente poteva fissare nell’anima sentimenti e principi morali e leggi meglio del verso. Così fu poesia l’amore e l’odio, la vita e la morte. Così il nostro Empedocle cantò in poesia le leggi del mondo, gli atomi stretti e disgregati da Afrodite e Neikos. Solo l’icasticità e la fulmineità del verso potevano insegnare principi così ardui e difficili.
Poi venne Erodoto che iniziò una sua ricerca (historía) e si servì dell’arida prosa. Poi venne Platone e spiegò la filosofia del suo maestro Socrate imitando i dialoghi tenuti da lui fra i giovani.
E cominciò un’altra storia, un mondo nuovo, quello delle indagini e dei tentativi di trovare il vero.
Eppure Platone lanciò il dibattito, senza trovare la verità. O ne individuò una, ancora il Logos, scintilla primigenia.
Perciò la poesia. I giorni e le stagioni, gli affetti e le immagini, tutto il mondo vissuto da Pietro da riflessione si coagula in stille di pensiero e tutti possiamo cogliere quello che ha sentito in momenti di estasi. E chiunque può cogliere quello che ha voluto fermare nel tempo. Messaggi? Semplicemente inviti o riflessioni?

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