In memoria di te: Italia perduta

( Marta Spoto)

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“Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, […] un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!” (Dostoevskij)

Cos’è l’unità d’Italia, a fronte di ciò che ho citato? Cosa festeggiano gli italiani in questo 150° anniversario?

Dai documenti è noto come, a livello economico, soprattutto il sud Italia (allora terza potenza industriale nel mondo) abbia subito un grave arretramento. Non sono da biasimare dunque tutti i revisionisti: se il Piemonte reinveste i soldi della Sicilia per i propri interessi (ad esempio investendoli in ferrovie vent’anni dopo e riscuotendone i dazi) e paga i debiti con l’Inghilterra vendendo loro le zolfare siciliane, perché festeggiare?

Grazie alla grande impresa di Garibaldi, l’Italia ha potuto riunificare ciò che già secoli prima era unito da tradizioni comuni territoriali. Lo stesso Dante, solo nel 1300, aveva capito come l’Italia (“donna di bordello”) avesse bisogno di trovare un po’ di ordine, tanto che il poeta si impegnò nella ricerca di una lingua comune.

Nel quadro politico l’unificazione della penisola portò effetti positivi, con l’accentramento del potere, colpito solo dagli interessi di una casata, quella dei Savoia, che tenne tutto per sé.

Il vero grande problema, che ancora oggi caratterizza il nostro territorio, è il divario tra nord e sud, suscitato non solo dall’effettiva situazione economica dei due ma anche dal reciproco atteggiamento razzista: quella che una volta era la terza potenza nel mondo, oggi è il luogo da cui i giovani sono costretti ad emigrare per trovare lavoro; viviamo in una nazione divisa tra “polentoni” e “terroni” gli uni quasi in lotta con gli altri, senza fare ovviamente di tutta l’erba un fascio, problema mai stato affrontato seriamente e che risulta appendice dell’arretratezza italiana.

La concezione di patria è ormai superata, un adolescente pur sentendosi parte di una comunità non capisce fino in fondo il suo valore, così l’amor di patria dei nostri antenati è andato perduto.

Festeggiando questo anniversario dovremmo quindi renderci conto di come, pur essendo passati 150 anni, è proprio ora che dobbiamo iniziare a superare tutti quegli ostacoli per essere davvero una comunità coesa, affinché il grave divario sia superato, le regioni possano godere di eguale miglioramento portato avanti da una popolazione che, fiera di essere italiana, glorifichi le proprie origini e ritrovi quell’amor di patria, sopra citato, da tempo dimenticato.

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