NEL CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA

( Pino Morcesi)

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IL RISORGIMENTO SENZA RETORICA

Le Brigantesse

E’ un tradizionale costume italiano rivestire di retorica edificante gli eventi della storia nazionale che si ritengono particolarmente significativi, senza capire che la verità nuda dei fatti ha una forza più grande di qualsiasi orpello retorico, almeno per un motivo, quello di aiutarci a vedere l’origine dei problemi che ci assillano ancora oggi. Oggi la retorica suona falsa. In occasione del centocinquantesimo dell’Unità si avverte qua e là qualche segno di cambiamento nel racconto dei fatti per cui vengono proposti e discussi aspetti del processo unitario sino ad oggi lasciati in ombra o oggetto d’indagine esclusiva da parte di coloro, soprattutto meridionali, che considerano l’Unità come “invasione piemontese”. Uno dei tanti esempi è costituito dalle Brigantesse, le compagne, le mogli, le figlie, le madri dei Briganti, che insieme ai loro uomini danno vita ad una rivolta contadina nelle regioni meridionali, cominciata nel 1861 e protrattasi per circa quattro anni. Il Brigantaggio è stato l’esito disperato e anarchico di una mancata rivoluzione agraria e dell’arretratezza della popolazione, represso duramente nel sangue dalle numerose truppe inviate del governo centrale, circa 120.000 uomini. L’errore che è stato allora commesso, e che ha segnato l’inizio della “questione meridionale”, è stato quello di non volere affrontare la questione agraria, che a Garibaldi era sembrata prioritaria, per non mettere in discussione il consenso dei proprietari terrieri all’Unità.

 

Allora come oggi, gli interessi di gruppi elettorali prevalgono su scelte che possono assicurare il benessere comune. Le donne dei Briganti hanno condiviso la lotta spietata e la morte con i loro uomini, hanno mostrato coraggio e ferocia come Maria Capitanio che

 

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dopo la morte del suo compagno, il capobanda Luongo, prende il comando del gruppo, guidandolo in audaci imprese di guerriglia ed infliggendo gravi perdite all’esercito sabaudo, finché viene catturata nel 1868. In prigione si toglie la vita ingoiando pezzi di vetro. E Michelina De Cesare che viene trucidata con la banda del compagno, Francesco Guerra. Il suo cadavere viene spogliato ed esposto nella piazza del paese.

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Non c’è pietà umana per queste donne, considerate di malaffare, “drude” vengono chiamate nei verbali della polizia e nelle cronache dei giornali. Il loro comportamento di donne sembra del tutto inaccettabile secondo il senso comune dell’epoca. L’elenco delle donne potrebbe continuare ancora, ma credo che queste due vicende siano rappresentative anche di tutte le altre. Le Brigantesse hanno vissuto un triste episodio della nostra storia. Oggi la condizione del Sud è ancora più triste se consideriamo che la “questione meridionale” non è ancora risolta, essa richiede una forte attenzione, come in questi giorni ha sottolineato il Presidente della Repubblica in visita a Palermo. I primi ad affrontare l’annosa questione devono, però, essere gli abitanti delle regioni meridionali senza aspettare che l’iniziativa sia di altri. Se vogliamo dare un senso alla celebrazione dell’Unità questo è l’unico possibile cioè quello di cominciare a risolvere i problemi aperti nel 1861 e non mai affrontati per risolverli, ma solo per parlarne. La solita retorica!

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