Città di mare

(Gabriella Maggio)

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L’autobus si ferma al capolinea, Silvia scende veloce e s’infila nella stradina di casa , apre il portone, sale al buio senza fare rumore per non attirare l’attenzione della vicina. E’ a casa, finalmente; fa una doccia. L’acqua tiepida è piacevole sul corpo, che a poco a poco si disseta dopo una giornata di tensione e di smog umido. Adesso si sente più lucida e forte. Tira fuori dal borsone la vestaglia. Si saranno ricordati che le piace il vino bianco fresco? Apre il frigorifero, sì c’è una bottiglia di bianco tipico della regione. Hanno fatto economie, pensa. Si sdraia sul divano, socchiude gli occhi e beve a piccoli sorsi il vino, che non è eccellente, ma neanche scadente. Anche lui anonimo come tutti e tutte le cose dell’organizzazione. Adesso deve fare il bilancio della giornata, deve mettersi in comunicazione col contatto alle 23.00. Questa è l’ultima occasione della giornata e non deve mancarla. Allontana il pensiero delle conseguenze, delle domande, dei rischi ai quali si esporrebbe o forse si è già esposta. Le viene in mente Bianca, una collega che già aveva finito la formazione , quando lei era appena entrata. Un giorno per caso aveva ascoltato i discorsi di alcuni istruttori che dicevano a mezze parole che Bianca non aveva rispettato le regole ed era scomparsa . Qualcuno sospettava anche che avesse tradito.

Dopo qualche giorno un corpo di donna era stato ritrovato in un cantiere edile. I giornali per qualche giorno avevano gridato il mistero di quella morte, ma poco dopo avevano archiviato il caso. Una donna anonima, impiegata in una cooperativa, senza amici né parenti, senza vizi, né palesi, né nascosti. Vendetta ? Rapina ? Nell’organizzazione però giravano voci attendibili per chi sapeva intenderle e si sussurrava il nome di questa Bianca. Aveva agito da sola Bianca, perduti i contatti, era stata identificata ed eliminata. In quei mesi di formazione Silvia non aveva nessuna curiosità, non voleva abbandonarsi ai pensieri; voleva soltanto occuparsi sempre di qualcosa, parlare il meno possibile con i colleghi. Evitava le domande, non ne faceva né rispondeva. Aveva anche evitato Alberto che le stava sempre vicino. Aveva gli occhi sinceri, ma non voleva una storia. Il tradimento di Giulio l’aveva svuotata. Tentava di riappropriarsi di sé stessa col silenzio e la solitudine, perché le pareva che Giulio l’avesse derubata di sé stessa. Sono quasi le undici, accende il telefonino che doveva restare sempre spento, secondo gli ordini, compone il numero ed attende. Dopo qualche secondo ascolta il segnale di libero ed una voce registrata le dice di guardare il biglietto che le hanno messo in mano sul lungomare. Nient’altro. – E se l’avesse gettato via ? Era questo il modo ?- Irritata cerca nella tasca il piccolo biglietto che le era sembrato uno scontrino. E’ stropicciato, ma si legge ancora Bar Centrale e € 0,80, il prezzo della consumazione, probabilmente un caffè, il resto è illeggibile. Adesso il programma dell’ indomani è fatto.

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