Medicina e dintorni

(Renata De Simone)

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Con privilegio datato Catania 3 aprile 1403, re Martino concede a Ruggero de Camma, dottore in arti e medicina, l’ufficio di Protomedicato del Regno, stante la lunga assenza di Blasco Scammacca, che ricopriva a sua volta la prestigiosa carica. Motivazioni morali della concessione regia sono indicate nell’atto le pratiche nefaste condotte da uomini incapaci e inesperti a danno e grave pregiudizio della sanità pubblica e condotte senza la dovuta autorizzazione che fa seguito a un adeguato esame di idoneità all’esercizio della professione. Intervenendo contro chi, con grave rischio per i malati, presumeva di esercitare impunemente la medicina fisica e cerurgia , re Martino d’Aragona, da appena un anno re di Sicilia, nomina un medico di sua fiducia addetto al controllo di tutti i medici del Regno; questi non avrebbero più potuto esercitare la loro arte senza l’ espressa licenza rilasciata dal protomedico e sarebbero stati soggetti al controllo e alla supervisione dell’alto magistrato, come pure gli speziali e i barbitonsores, i quali dovevano obbligatoriamente dipendere dai medici. In caso di irregolarità riscontrate nell’esercizio del loro mestiere, speziari, barbitonsores, ma anche medici, fisici e cirurgici, venivano giudicati da una corte alla quale, insieme al protomedico, era chiamato ad assistere un giudice della Magna Regia Curia, a garanzia del rispetto degli statuti e delle “ordinazioni” del Regno.

Nel 1429 il terzo Protomedico di Sicilia, Antonio D’Alessandro, rese obbligatoria l’ispezione delle botteghe di speziali e aromatari con eventuale denunzia delle frodi. Compito del Protomedico era soprattutto quello di emettere o revocare licenze per l’esercizio di quelle arti che avevano a che vedere con la cura del corpo e di controllare i prodotti di genere sanitario in vendita. Nel 1558 il Protomedico Antonino Finoccharo dà licenza al magnifico Antonino Di Bologna, giudice della R.Gran Corte, di vendere quoddam “electuarium” , unguento medicamentoso già noto ai tempi di Plinio, motivando la concessione, sicuramente agevolata dalla fama del nobile personaggio palermitano che ne faceva richiesta, in quanto riconosceva l’unguento come costituito da elementi semplici utili alle malattie. Nel corso del XVI e XVII secolo l’ufficio di Protomedicato Generale del Regno fu ricoperto dal Pretore di Palermo, insieme ad altre cariche di grande prestigio, come Capo del Braccio Demaniale, Maestro Portulano del Regno e Console delle Arti. In qualità di protomedico il Pretore presiedeva una Commissione di medici che aveva il compito di visitare le botteghe in cui si vendevano preparati a scopo curativo e sottoscrivere le licenze a speziali, aromatari, barbieri e levatrici. Un interessante spaccato dell’attività di controllo dell’istituto in questione si trova in un volume manoscritto degli anni 1638/39 conservato all’Archivio di Stato di Palermo (T.R.P. “Termini e altri atti straordinari”vol.21) che riporta, per gli anni di cui tratta, annotazioni di Licenze e Privilegi, Visite nelle botteghe, Contraffazioni, Memoriali con provvisione tutti a firma del Protomedico del Regno, che in quegli anni era il dottore in Filosofia e Medicina Giuseppe Pizzuto. Varie le notizie riportate, relative a diverse località siciliane e al variopinto mondo di medici, speziali, barbieri e ciarlatani che lo popolavano, oggetto di attenzione e in qualche caso di indagine giudiziaria da parte dell’organo sanitario. Negli atti indicati come Memoriali c’è, tra l’atro, la supplica di Francesco Lo Cascio di Salemi, che dichiara di aver studiato cinque anni di filosofia da don Giovanni Lo Cascio e due anni di medicina dal dr. Giuseppe Galiano, e altri due anni dal dr.Agostino Furno. Chiede al protomedico la licenza di poter “liberamente medicare con tutti quelli onori competenti al detto officio” Gli viene accordato per nove anni, effettuato il dovuto pagamento richiesto per ottenere la licenza, di diversa entità in base al diverso tipo di autorizzazioni rilasciate (per la sola cura del corpo, per la piccola chirurgia, per interventi alla testa e all’addome, per la preparazione e la vendita di medicamenti o controveleni). Bartolomeo Chaggio, di nazionalità lombarda , avendo praticato l’arte di barbero per cinque anni continuativi a Palermo, chiede licenza per esercitare quell’arte. Gli viene concesso per cinque anni, dopo il pagamento della solita tassa. Ottiene la licenza di mercerius, nella cui bottega si vendevano preparati di uso sanitario, Francesco Christaldi di Aragona, quella di barbetonsore Santo Campana di Termini, di medico fisico il dr. Luca Monasteri di Ciminna. Sottoposto ad esame e riconosciuto idoneo, Vincenzo Lo Proto di Palermo ottiene la licenza di vendere i seguenti preparati : olio composito per dolori freddi, umidi e ventosi, così ottenuto:olio comune, onze 12, salvia ruta onze 2, erba bianca onze 2, rosa marina onze 5. Viene così descritto il procedimento: gli ingredienti si fanno bollire sino alla consumazione con un bicchiere di vino e poi si aggiungono: rosaspina onze 4, pece greca onze 3, mirra onza 1, galbano onza 1, colloquintida onza 1, cera gialla onze 3. Così fatto è un impiastro “per dolori frigidi, umidi e ventosi”: pece greca onze 6, terbentina onze 3, bolo armeno rosso onze 2 cera quanto basta. Questa invece è la ricetta di un unguento “per lo foco” (infiammazione ?), di cui è consentita la vendita: olio comune onze 6, grasso di ciararello onze 2, la seconda scorza del sambuco onze 3. Si mette tutto a bollire fino alla consumazione degli ingredienti, poi si aggiunge cera quanto basta. C’è poi una conserva per i denti fatta con tartaro di botte onze 2, pilatro onze 3, galanga onzi 2, calamo onzi 2, polvere di enula campana, onze 6, miele quanto basta e olio di fasso riempito dagli aromatari. E l’unguento per la rogna: olio comune onze 8, storaci liquido onze 3, polvere di enula campana onze 6, succo di erba bianca onze 2, solfaro onze 2, olio di lauro onze 2, cera quanto basta, poi grasso di vipera. Altri generi in vendita: imperatrice bianca, verbantilla, vitriolo di cipri, petri stillari, corallina sana. La licenza prevede inoltre l’estrazione di mole e denti “corrotti”. La concessione è data, termina il documento, dopo il solenne giuramento di esercitare l’arte al servizio di Dio e di Sua Maestà Cattolica e per la salute (almeno si spera) dei corpi umani. La data è: Palermo, 6 aprile 1638. Le visite ispettive alle botteghe di aromatari e speziali erano effettuate per lo più da commissari delegati dal protomedico e in certi casi dal Capitano d’arme. A Giangiacomo Pandolfo aromatario di San Fratello viene ingiunto di chiudere la bottega, in quanto non era presente alla visita. Si giustifica col dire che si era recato a Palermo a comprare materiale per la sua spezieria. Sanzioni per contravvenzioni alle costituzioni protomedicali sono comminate per “mancata sottoscrizione nel coperchio delle bornie nelle composizioni solutive o per contraffazioni: sciroppo di artemisia usato al posto del miele, unguento di sandalo aggiunto alla canfora, olio hispericonis unito alla terebentina, olio rosato o di nuova infusione usato come olio comune, uso di aromi “antichi e rancidi”. Il controllo si estende a chi non ha bottega ma esercita comunque l’arte di guaritore, preparando e vendendo prodotti curativi. Ci sono anche donne tra i guaritori di strada. A Caltagirone opera in quegli anni Vincenza Inchiodo, alias “la Chiazzisa”, insieme a speziali, barbieri e altre persone che vanno medicando e vendendo acquavite ed altro; il controllo si estende a particolari generi alimentari che erano venduti con specifica licenza: a Palermo viene sequestrata una certa quantità di cubaita venduta senza autorizzazione da Carlo Procita e si dispone la chiusura della bottega di mercerio di Nunzio Russo di Carini, per aver trovato in essa saponette vendute senza che l’interessato avesse conseguita la licenza di profumiere. Al Protomedico dottor Pizzuto, dopo aver disposto un apposito esame positivamente superato dall’esaminando, spetta concedere licenza a Placido di Stefano di Messina per la preparazione e vendita di elementi semplici e composti, secondo ricette (a dir poco di dubbia efficacia) dettagliatamente descritte, con finalità terapeutiche. Tra l’altro il contraveleno di Giovanni Celi detto volgarmente l’orvietano (probabilmente l’inventore del prodotto)dagli interminabili e misteriosi ingredienti: theriaca, genziana, imperatrice, dittamo bianco, bistorta, cardo santo, angelica odorata, mitridato, spezie di diambra, acqua di scorzonera, semenza e fiore di citro, avorio polverizzato, miele ed altro in un decotto fatto “ad arte”. Cinquanta onze la multa da pagare al regio erario se il prodotto non fosse stato realizzato esattamente come descritto.  Si precisa per chi fosse interessato a questo genere di ricette che purtroppo non è indicato quale fosse il veleno dal quale si sarebbe dovuto guarire.

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