ATAHUALPA: BUON RE O TIRANNO SANGUINARIO?

(Gianfranco Romagnoli*)

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Nelle opere letterarie scritte dagli indios peruviani, di cui ho fornito qualche cenno e traduzione in precedenti articoli, Atahualpa, l’imperatore Inca ucciso dagli Spagnoli per impadronirsi del suo regno, è presentato come mite e buon sovrano, vittima dell’ingiustizia. Ma un quadro ben diverso risulta da quanto ne scrive uno storico “bipartisan”: Garcilaso de la Vega, detto El Inca perché figlio di un Conquistador spagnolo e di una principessa di sangue reale Inca, vissuto in Perù fino all’età di venti anni, a ridosso dei fatti che poi narrerà nei Commentari reali degli Incas in base a suoi ricordi e a testimonianze dirette raccolte.

E’ da premettere che le regole per la successione al trono degli Inca erano rigide e inviolabili: il capostipite Manco Capac era ritenuto figlio del Sole Inti e della sua sorella-moglie Mama Occlo, e ogni suo successore doveva essere di pura discendenza da tale ceppo sia dal lato paterno che materno: per assicurare l’osservanza di questo requisito, gli imperatori sposavano le loro sorelle, ciò che era invece vietato ai sudditi. Atahualpa aveva come padre il dodicesimo Inca Huayna Cápac, l’ultimo della dinastia secondo la profezia che prevedeva la fine dell’Impero e l’avvento di una nuova religione; tuttavia, avendo come madre una straniera, la figlia del re ed erede al trono di Quito, paese conquistato dall’Inca, mai avrebbe potuto diventare imperatore. Però suo padre, che lo amava molto, in danno del legittimo erede Huáscar, che fu indotto ad acconsentire, gli assegnò il regno di Quito, dove egli stesso andò a vivere i suoi ultimi anni. Morto Huayna Cápac, Huáscar salì al trono degli Incas e, temendo che il fratellastro, ora anche egli re, gli facesse concorrenza ingrandendo i propri domini e addirittura aspirasse a impossessarsi del suo impero, gli intimò di venire a Cuzco per rendergli atto di vassallaggio. Atahualpa, descritto da Garcilaso della Vega come bello e dotato di grande intelligenza, ma astuto e malvagio, finse di sottomettersi in tutto, chiedendo soltanto che ai funerali del padre, da tenersi nella capitale imperiale Cuzco, potessero partecipare, secondo gli usi dei funerali reali di Quito, adeguate rappresentanze delle varie province del suo regno, che avrebbero presenziato anche all’atto di sottomissione. Huáscar acconsentì ed Atahualpa, con questa scusa, raccolse un ingente esercito, che per non dare nell’occhio fece avvicinare a Cuzco da varie direzioni e diviso in piccoli gruppi. Riunite le forze nei pressi della capitale Inca, intentò battaglia e vinse Huáscar, avvertito dell’inganno troppo tardi per poter difendersi adeguatamente, facendolo prigioniero.  Segue il racconto delle malvagità di Atahualpa il quale, per non avere più altri possibili concorrenti, con il pretesto di voler restituire il trono a Huáscar stipulando pubblicamente un patto sui rapporti tra i due regni, convocò a Cuzco tutti gli Incas maschi di sangue imperiale, che fece uccidere tra i più feroci tromenti. Non contento di ciò, fece scovare da ogni dove e radunare a Cuzco tutte le donne e i bambini di sangue reale, che anch’essi furono uccisi tra atroci e prolungate torture. Volse poi la propria furia contro i domestici della casa reale, che venivano forniti a turni da vari villaggi, sterminando tutti gli abitanti dei villaggi stessi e radendone al suolo le case.Giunsero frattanto gli Spagnoli e imprigionarono Atahualpa. Questi, approfittando del tempo necessario per raccogliere il favoloso riscatto che aveva offerto in cambio della sua liberazione, fece uccidere Huáscar, sempre in modo particolarmente feroce e crudele. Fu poi processato dagli Spagnoli e messo a morte, ciò che fu visto da molti come un atto di giustizia contro un bastardo usurpatore e una liberazione da un feroce tiranno. Pochi furono i superstiti della famiglia reale Inca. Garcilaso de la Vega racconta dell’odio espresso dai suoi parenti verso Atahualpa, ritenuto un bastardo, e i suoi discendenti.  E allora, come interpretare i giudizi positivi che su di lui sono stati dati nelle opere letterarie che ho all’inizio richiamato? Da una parte lo stesso Garcilaso, pur qualificandolo tiranno sanguinario, ammette che anche Atahualpa, come i suoi predecessori, governò bene adottando molte iniziative a favore del popolo. D’altro lato, credo che la risposta stia nella nostalgia, sentita dai Peruviani, non tanto di Atahualpa, quanto dell’epoca d’oro dell’impero, nella quale, a detta degli stessi storici spagnoli, gli Incas furono tutti ottimi e saggi sovrani benefattori del popolo, nonché nel risentimento, accentuato dal confronto, verso i nuovi dominatori che invece lo sfruttarono: sentimenti ancora oggi presenti nelle ideologie nazionaliste ed indigeniste.

*Vicepresidente e Delegato per la Sicilia del Centro Internazionale di Studi sul Mito

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