Il Ragioniere della Compagnia di Gesù: P. Lodovico Flori (II)

[A. Lo Nardo]

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S. Ignazio di Loyola

Così Flori spiegava che «Libro Doppio, o vero Maestro (come altri lo chiamano) è quello nel quale per mezzo del suo Giornale si scrive ordinata, e regolatamente tutto quello, che secondo il grado, e la professione di ciascuno, entra, & esce, e tutti i debiti, e crediti di qualsivoglia persona, o altra cosa surrogata, con le quali si tenga conto» (ib., p. 6); mentre «Giornale è un libro nel quale si scrivono giornalmente le partite, che indifferentemente occorrono appartenenti a i conti, che si tengono nel Libro. Partita non è altro che una somma di denari, o di robba dovuta da qualch’uno ad un altro con la sua dichiarazione, scritta una volta nel Giornale, e due volte nel Libro, una in debito, e l’altra in credito di qualche conto» (ib.).

Particolarmente interessante la parte terza nella quale Flori elenca gli obiettivi perseguibili con il suo metodo e cioè: 1) «In che modo si veda nel Libro, con quanto capitale si cominciò l’amministrazione»; 2) «Come si veda nel Libro quello, che sia entrato, e speso in ciascun anno»; 3) «Come si sappia dal Libro, quanti siano i debiti, e crediti nostri, e quanto sia quello che ci resta»; 4) «In che modo si possa sapere dal Libro, quanto sia cresciuto, o sminuito in ciascun anno il nostro capitale»; 5) «Del modo di rendere conto alli Superiori»; 6) «De i calcoli, e Ratiocinij». Non manca l’autore di trattare l’aspetto previsionale dell’attività di gestione affermando che «accade talvolta fra l’anno di voler sapere insieme con la vera, e reale notitia dello stato della Casa, o Collegio, quello, che appresso a poco si spera, che debba entrare, e si habbia da spendere fino alla fine dell’anno» (ib., p. 122). Dopo aver indicato il modo di fare queste previsioni, aggiunge, con una certa ironia, che «nel fine dell’anno al tempo del Bilancio, quando si fa il conto reale d’ogni cosa, si vede il valore, e giudicio di chi fece il calcolo, e quanto vicino al bianco egli colpisse» (ib., p. 123). È stato giustamente osservato che «sono molti gli spunti che lasciano intendere, da parte di Lodovico Flori, la capacità di precorrere il divenire della materia contabile fornendo argomenti destinati a trovare pieno accoglimento nel tempo a venire» (C. Cavazzoni e F. Santini, L’attualità del percorso scientifico di Lodovico Flori […], cit., p. 619). Da parte degli studiosi continua la ricerca per «poter contribuire a confutare la tesi che vorrebbe relegare il Maestro [Flori] a mero prosecutore dell’opera di Angelo Pietra, restituendogli il giusto ruolo di protagonista, per molti spetti “originale”, nel percorso che dall’arte contabile giunge alla moderna ragioneria» (ib.). «Il Flori può essere sicuramente considerato quale principale portatore di tutti i presupposti che lo rendono idoneo ad un pieno riconoscimento di fondatore della “scuola palermitana” di ragioneria. Egli, infatti, possiede i requisiti in termini di competenza e professionalità, preparazione culturale e sapere divulgativo che ne fanno indiscusso caposcuola, anche in considerazione dei frequenti riferimenti testuali espliciti ed impliciti alla sua opera negli scritti di illustri autori palermitani del seicento e settecento» (G. Centorrino, Il trattato di Padre Ludovico Flori).

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