LA CONQUISTA DEL CILE NELLA LETTERATURA

(Gianfranco Romagnoli)

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Pedro di Valdivia

Il Cile fu l’ultimo dei territori precolombiani conquistato dagli Spagnoli. In realtà la prima instaurazione del potere spagnolo su quella terra fu nel 1541, prima cioè che fosse terminata l’acquisizione delle città-stato dei Maya (1533-1546), ma proseguì verso il sud del Paese fino al 1553; però in quello stesso anno la ribellione della grande provincia cilena di Arauco ad opera dei nativi terribili guerrieri Mapuches, mai domati neppure dal potente impero Inca, rimise in discussione la conquista, che fu definitivamente riaffermata soltanto nel 1557. Il primo Conquistador fu Pedro de Valdivia (1500-1553), luogotenente di Pizarro, che muovendo dal Perù, dopo una sfibrante traversata del deserto cileno di Atacama stabilì il dominio spagnolo sul Cile, ma poi rimase ucciso nella suddetta ribellione; chi riconquistò e pacificò la provincia di Arauco fu García Hurtado de Mendoza (1535-1609), giovane figlio del vicerè del Perù Andrés, Marchese di Cañete al quale poi succedette nel titolo e nel vicereame.

 

clip_image001[4] Garcia Hurtado de Mendoza

L’epopea della conquista del Cile è narrata da Alonso de Ercilla, grande soldato e letterato spagnolo che prese parte agli avvenimenti, ne La Araucana, vasto poema epico in tre parti (1569-1578-1589) dedicato a Filippo secondo e modellato sui poemi del Tasso e dell’Ariosto, in ottave di endecasillabi rimati. (Come curiosità, segnalo che nel 1598 Diego Santisebastián Osorio scrisse un seguito all’opera ercillana, intitolato Cuarta y quinta parte de La Araucana).

clip_image002Alonso de Ercilla

Nel suo poema Ercilla, pur esaltando l’eroismo di Valdivia e dei compagni che con lui perirono in un impari scontro con i Mapuches, non è affatto tenero nei suoi confronti, poiché mette in rilievo che il suo governo non fu giusto e che la sua fine fu dovuta all’avidità di ricchezza: infatti invece di dirigersi direttamente a capo dei rinforzi verso la città assediata di Imperial, come era stato convenuto, volle cambiare strada per passare a visitare le sue miniere di argento, cadendo nell’agguato che gli costò la vita. Inoltre, il ruolo di García Hurtado de Mendoza viene minimizzato da Ercilla a causa di un contrasto insorto tra i due, che merita di essere raccontato per i successivi riflessi letterari.Nel 1558, in una festa nella città di Osorno, don García, con il volto coperto da un elmo dalla visiera abbassata, usciva per una porta secondaria dalla sua casa accompagnato da Alonso de Ercilla e Pedro Olmo de Aguilera, quando improvvisamente si imbatterono in Juan de Pineda, nemico di Ercilla e i due si affrontarono con le spade in pugno. Per sedare la rissa, García si scagliò contro Ercilla, il più scalmanato, abbattendolo con un colpo di mazza, poi ordinò che entrambi i contendenti fossero imprigionati e giustiziati la mattina seguente. Solo l’intercessione di due dame, una spagnola e una india, dopo gli inutili tentativi di tanti amici, riuscirono ad evitare il peggio, però Ercilla fu trattenuto in carcere per tre mesi e poi rispedito in Spagna. Si può pertanto comprendere come non fosse propenso ad esaltare il suo persecutore.

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