SETTE STORIE PER LASCIARE IL MONDO

(Gabriella Maggio)

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Il 24 ottobre 2013 al Teatro Massimo di Palermo è andata in scena la prima rappresentazione assoluta di Sette storie per lasciare il mondo, testo di Roberto Andò e musiche di Marco Betta, scena, costumi e luci di Gianni Carluccio. Una così intensa e bella rappresentazione della Sicilia purtroppo non ha avuto il rilievo meritato in quanto è stata considerata non in sé, ma come sfortunata sostituzione del Siegfried di R. Wagner nell’anno del bicentenario della nascita del musicista, dovuta a contrasti interni alla gestione del Teatro. Il pubblico palermitano della lirica, non soltanto quello delle prime, ma anche quello del turno domenicale e del turno B è costituito al 99% da melomani conservatori, che già poco avevano apprezzato la messa in scena dell’intera TETRALOGIA wagneriana. Se anche si ricorda che ricorre il bicentenario di G. Verdi e che L’oro del Reno aveva aperto la stagione ! Ma tra Wagner e Betta il pubblico era ben pronto a rimpiangere Wagner. Si sa tra due mali si sceglie il minore. Pertanto mancavano i presupposti per apprezzare sine ira ac studio l’opera di Andò-Betta.

Frequento le prime del Teatro dalla sua epica riapertura, con incredibile miopia spesso biasimata. Ho ascoltato lì Abbado ed i Berliner e mi sono commossa per essere testimone di tanta bellezza. Prima ho frequentato la lirica nel turno B. Quando per la prima volta dal vivo ho visto la Tetralogia ( al Massimo prima della chiusura ventennale) mi è sembrata meravigliosa, perciò quest’anno avevo un grande desiderio di rivederla per intero e molto mi avevano promesso L’ oro del Reno e Walkiria. Per questo anch’io ho provato delusione , come tutti. Ma l’arte è tale perchè conquista, perché mostra le sue ragioni e con queste trascina. Sette storie per lasciare il mondo combinando parole, immagini, suoni, gesti si pone come opera totale che vuole rendere la complessità inestricabile del reale, nella faustiana mescolanza di bene e di male. Il sonno è un ristoro delle fatiche umane, necessario oblio per riprendere energia, ma è anche un creatore di mostri, se lo si intende come sonno della ragione. E il sonno non è l’unico modo per lasciare il mondo. Ce ne sono altri meno consapevoli e più violenti, che hanno inciso e continuano a incidere la storia dell’Isola. Credo che le letture dell’opera possano essere diverse, nel senso tracciato da Eco in Opera aperta. La struttura combinatoria delle foto di F. Scianna con il canto, la recitazione dei testi e la musica evoca la linea novecentesca di G. Pèrec, di R. Queneau, di I. Calvino, per citare i più noti, che hanno ripreso la tecnica del puzzle come strumento per comporre un’immagine della realtà che abbia senso, ben consapevoli della difficoltà epistemologica di trovarlo. Anche la storia della Sicilia è un puzzle in cui il senso è difficile e cangiante. Montalianamente manca una Clizia che componga un senso della storia sulla scacchiera. In Sette storie per lasciare il mondo, mondo arcaico agricolo e mondo d’oggi si fronteggiano senza fondersi interamente. Ciascuno con la sua voce svolge il suo discorso. Bella la musica di Marco Betta, che sottolinea testi ed immagini agevolandone la interpretazione dello spettatore.

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