LA RIVINCITA DELLA LINGUA

( Gabriella Maggio)

Il poeta Pietro Manzella propone ai Lettori di Vesprino un suo recentissimo testo poetico Madre scritto il 27/10/2014 — Ore 18,30, come minuziosamente annota.

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La poesia è composta da sette brevi strofe di versi liberi che iniziano con l’anafora della parola madre, quasi un’invocazione rituale, tanto da dare al componimento la struttura di una lauda, sul modello di U. Saba e G. D’Annunzio. Unico tema è la mitizzazione della madre realizzata con un climax ascendente costituito da sequenze di immagini prima tenui e luminose: polvere di cristalli, soffi di ricordi, poi protettive e consolatrici di fronte alla violenza ed alla cupidigia degli uomini: vigilante segnale di fumo, spugna d’affanni… Credi sempre che gli uomini malvagi si trasformino in agnelli al pascolo…Vessillo azzurro. Quest’ultimo, simbolo dell’assoluto, non s’incarna più è obsoleto. Tuttavia il poeta risente la voce della madre se chiude gli occhi. Forse come da bambino quando stava per prendere sonno e sentiva le parole rassicuranti della madre.

Poesia ben contestualizzata nel canzoniere di Manzella, legato agli affetti profondi e semplici che fanno da scudo di fronte al mondo severamente giudicato.

MADRE

Madre

polvere di cristalli

che sorvoli

i confini dell’ignoto

con lo sguardo

al Principio

Madre

soffio di ricordi

affievoliti

come fuochi accesi

nella foresta incantata

vigilante

segnale di fumo

percepibile

da lontano

Madre

amabile vocabolario

di donazioni affettive

Madre

spugna di affanni

inesauribili

ormai trasparenti

ed impalpabili

Madre

finestra aperta ai sussurri

di voci pietose

conservi ancora

il ricordo di me

alzi ancora

il tono suadente

della voce

per rimproveri incompresi

Credi sempre

che gli uomini

malvagi

si trasformino

in agnelli al pascolo

Madre

terra

di tutte le terre

i parti

degli uomini variopinti

arricchiscono il mondo

con i loro vagiti

ma i venti gelidi

della cupidigia

della fame

uccidono quanti

credono nel domani

Madre

vessillo azzurro

di setose frange

obsolete

ho chiuso gli occhi

per sentirti

ancora una volta

parlare.

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