Gisela

(Salvatore Aiello)

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Inaugurazione sottotono per la nuova stagione al Massimo di Palermo con un titolo ed un autore quasi sconosciuti al grosso pubblico che non ha brillato per presenza nel Teatro. Sulla scena giungeva, in prima rappresentazione per l’Italia, Gisela di Hans Werner Henze ovvero Le strane memorabili vie della felicità.Questa composizione datata 2010, testamento del grande compositore tedesco vive di contrasti poiché ha come tema preponderante il destino dell’uomo inserito in un teatro musicale pregno di mito, di fiaba e soprattutto, come se non bastasse, tendente ancora una volta a riportare al centro lo scollamento dell’umanità odierna carente di punti di riferimento. Henze, uomo venuto dalle nebbie nordiche,costretto a lasciare la sua patria intorno agli anni ’50 perché intollerante di un mondo omofobico, razzista con esiti ancora nazisti, si innamora della terra del sole, Napoli che rappresenta ai suoi occhi solarità, sensualità e in un clima di agognata libertà, fucina alacre per le sue idee. Elementi autobiografici permeano il libretto a tre mani di Gisela (Pollicino per adulti), un’operazione che in verità non fornisce un’opera di alta poesia e spesso cade in una prosaicità e banalità assai evidenti.

Il testo é solo in funzione della musica che obbedisce alla estetica del compositore che così si esprimeva: “ La storia nascerà direttamente dalla musica che si racconterà da sola assumendo toni, colori e stili vocali diversi dal parlato e dallo Sprechgesang sino alle note melodiche dei tre brani madrigalistici su versi di Cristian Lehnert”. La vicenda ha come protagonisti Gisela, una giovane studiosa, insofferente delle regole e in cerca di una libertà interiore pronta ad abbandonarsi ai sogni mettendo da parte i modelli borghesi entro i quali si sente incarcerata e con lei il fidanzato Hanspeter un giovane vulcanologo, assai razionale che insegue concretezze con processi molto superficiali e integrato nel sistema: per lui la felicità è il risultato determinato da processi biochimici grazie all’uso di sostanze. Giunti a Napoli, l’incontro con Gennaro sovverte il loro rapporto e nel nuovo triangolo l’hanno vinta Gisela e Gennarino (Pulcinella) che fuggono insieme alla ricerca di risposte ma soprattutto per dare alla vita significati nuovi inerpicandosi per strani sentieri in un viaggio di cui non conosceremo la meta finale dove ad accoglierli li attenderà una serie di sette sipari rossi come il fuoco-passione che riveleranno, in fondo, un Vesuvio incandescente segno forse di un limite di leopardiana memoria. La Musica non è di primo acchito orecchiabile e il canto spesso è difficilissimo in questa creazione assai sperimentale anche perché l’atonalità non sempre differenzia le sezioni musicali e i rari momenti melodici si dissolvono. Lo spartito però, pur nella sua modernità tout court, vive di recuperi memoriali: Bach, Monteverdi e Stravinsky che si vestono di una luce diversa dal testo originale da dove sono pervenuti. Come tutti i lavori del ‘900 Gisela si presta ad una lettura trasversale e soprattutto ad uno scavo psicoanalitico dei personaggi e delle situazioni, d’altra parte il suo autore, ai piedi della vita e vicino alla morte, si consegna e vi consegna tutto il tumulto di un’esistenza assai travagliata attraverso la conquista tormentata della sua verità interiore per esprimere compiutamente e pienamente il mondo che gli dittava dentro. Se l’autore e il titolo non attraevano, viva e pressante la curiosità attorno alla regia della palermitana Emma Dante che tornava dopo la sua partecipazione a Feuersnot della stagione precedente e che si giovava delle scene di alacre fantasia di Carmine Maringola (Sette sipari) e dei coloratissimi e ridenti costumi di Vanessa Sannino, delle appropriate luci di Cristian Zucaro, confermando ancora una volta le sue doti di una personalità prestata all’Opera il cui merito precipuo non era quello di travisarla o capovolgerla ma con il limite di darle un taglio molto personalistico che in qualche momento l’allontanava dalle ragioni profonde di una musica, come già detto, assai difficile e di un libretto che alla fine lascia volutamente tutto all’immaginazione confondendo sogni e realtà, buono per tutte le letture. Quindi il suo apporto registico ha in parte colto il senso profondo dell’opera che nelle due parti vive di luci e di ombre con uno spettacolo molto piacevole per i colori, le ambientazioni, i movimenti lontani in qualche modo dalla dialettica dell’autore, secondo il quale la vita appare come una partita a poker. Constantin Trinks, a capo dell’orchestra, ha animato con energia e raffinata conduzione la sua direzione mettendo in luce tutte le ricercate nuances dello spartito in completa e totale sintonia col palcoscenico sul quale agivano in maniera del tutto sciolta e sicura Vanessa Goikoetxea; di buono smalto e lirica la sua vocalità che le ha permesso con grinta di dare anima e nervi a Gisela, una donna combattuta e impegnata a ricercare la sua identità di intellettuale sognatrice assetata di sole e di amore. Il provetto Lucio Gallo che si è speso anche nella sua carriera in ambiti novecenteschi, ha interpretato Hanspeter con adeguati mezzi vocali e presenza scenica, conferendo al personaggio tutti gli aspetti gretti e qualche volta meschini di un uomo pronto a filtrare sempre, attraverso un cerebralismo formale, le ragioni del cuore. Roberto De Biasio voce generosa e di gradevole timbro è stato un Gennaro convincente ,scenicamente credibile nei panni di Pulcinella e del giovane che anela a fuggire dal mondo della sopraffazione e della camorra pur portando nel cuore colori, sapori di una delle città più belle del mondo. Completavano il cast i turisti: Maria Chiara Pavone, Patrizia Gentile, Rosolino Claudio Cardile, Giuseppe Esposito e Salvatore Grigoli con vivace presenza e buona rilevanza vocale. In aggetto il corpo di ballo del teatro con coreografie di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco e il coro istruito da Piero Monti. Tiepida l’accoglienza del pubblico in un teatro semipieno e con defezioni dopo la prima parte.Una lode sentita per il ritorno finalmente dei profili dei cantanti sul libretto di sala.

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