CHIESA DI S. ANDREA DEGLI AMALFITANI

(Giacomo Cangialosi)

La chiesa venne fondata al tempo di Ruggero II quando la città si aprì ai commerci e molte “nazioni” si riversarono a Palermo. Fra i primi furono proprio gli abitanti di Amalfi, una delle quattro repubbliche marinare, la cui presenza è già documentata e fiorente al tempo di Guglielmo I tanto che questa zona della Loggia viene chiamata da Ugo Falcando Borgo degli Amalfitani. La memoria scritta più antica della chiesa, dedicata dagli amalfitani al loro santo patrono (e del quale nella chiesa avevano portato una reliquia del corpo),  è in un testamento del 1264. Fu parrocchia fino al 1301 anno in cui il titolo venne trasferito nella chiesa di S. Giacomo alla Marina assumendone anche il titolo, già però nel 1346 (essendo andata in declino la repubblica di Amalfi) la chiesa apparteneva ad una confraternita dedicata a S. Andrea che interveniva alla processione del Corpus Domini. Nel 1579 vi venne aggregata  la corporazione degli Aromatari (gli antenati dei moderni farmacisti) che dopo pochi decenni ne divennero gli unici proprietari tanto da restaurarla quasi dalle fondamenta e ridurla allo stato che ancora oggi mantiene.

Interno

La chiesa che prospetta sulla omonima caratteristica piazzetta presenta una bella facciata tardo-rinascimentale rivolta ad occidente con tre porte la maggiore delle quali, affiancata da due colonne e con timpano spezzato,  era sovrastata da una statua marmorea del santo titolare (oggi scomparsa) dentro una nicchia. Nella parete laterale che prospetta su via dell’Ambra alcune finestre gotiche testimoniano l’antica chiesa degli amalfitani.

Altare maggiore

L’interno, rinnovato alla fine del XVIII secolo in stile neoclassico, è a croce greca con finta cupola lignea (realizzata a spese di Giuseppe Quattrosi aromataro) sostenuta da otto colonne. Vi sono due cappelle nelle braccia laterali e il presbiterio dove si trovava una tela attribuita allo Zoppo di Gangi, ma secondo alcuni di Antonio Manno, raffigurante S. Andrea apostolo. Gli altari presentano cornici in stucco con timpano, in quello centrale una gloria anch’essa in stucco. Alle pareti affreschi neoclassici lumeggiati in oro in cattivo stato di conservazione. Nel pavimento vi era la lapide che dava accesso alla cripta su cui era inciso: “Omnia mors vincit, pharmaca nulla juvant” (La morte vince ogni cosa, nessun farmaco giova). Negli anni ’50 del XX secolo la chiesa venne affittata ad un vetraio con il successivo degrado che possiamo immaginare. Qualche anno fa è stato finalmente intrapreso un restauro della chiesa che ne ha permesso la riapertura per qualche giorno.  L’Ordine dei Farmacisti, che ne è proprietario, vorrebbe utilizzarla per conferenze e congressi ma attualmente è di nuovo chiusa. La chiesa è stata spogliata di tutti gli arredi, esiste ancora la tela del titolare custodita presso i locali dell’Ordine dei Farmacisti.

Lastra tombale

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