IL SIMULACRO DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI PIAZZA S. DOMENICO

(Fr. Paolo Rivera*)

Ci si riferisce alla colonna con il simulacro dell’Immacolata Concezione, al centro di piazza San Domenico, per raccontarne la storia … in verità molto travagliata. Nel medioevo, a Palermo, i conciatori, necessitando di enormi quantità d’acqua per la concia delle pelli, impiantarono le loro botteghe sulle sponde del Papireto in quella zona che venne denominata “Conceria”, che secondo Raffaele Starrabba (1) era delimitata da un lato con l’attuale piazza San Domenico. Fino agli inizi del secolo scorso il quartiere “Conceria” era noto come il quartiere più malfamato della Città, covo di ladri, assassini e fuorilegge di ogni tipo. Lo Starrabba parla dell’esistenza, proprio nell’immediata vicinanza con il convento dei domenicani, della contrada “Postribuli publici”, comprovata da un provvedimento del Senato datato 4 luglio 1431 nel quale si legge “Item darieri la Buchiria … per finu a Santo Dominicu e per tutta lu custrictu di lu burdello di Sant’Andria …”. Come riferisce Pietro Ranzano (2), nella primitiva piazza, che nel XV secolo era aperta (come per la “grandi solicitudini fatica industria et inventioni, intro spazio di giorni non più di sessanta …”) venne costruita l’attuale basilica. Le opere di demolizione per la nuova piazza, che venne denominata “Piazza Imperiale”, iniziarono l’1 ottobre 1724. Ma tornando all’argomento principale di questo studio, occorre premettere che nel sito di cui sopra esisteva una prima chiesa di San Domenico, alla quale ne seguì una seconda costruita nel 1457 ad opera dell’architetto Salvo Cassetta (3) lì dove un anno prima Simone da Bologna (4) posò la prima pietra, chiesa che nel 1640 venne ricostruita e ampliata ad opera dell’architetto Andrea Cerincione o Cirrincione (5). Nel 1724 iniziarono i lavori al fine di impiantare la colonna dell’Immacolata nella nuova piazza, e, all’uopo, furono demolite tutte le case di malaffare ubicate sul lato occidentale della Chiesa antica,  sicchè i padri domenicani non fecero solo opera di rinnovamento edilizio, ma intrapresero un’opera di risanamento morale. Ricostruita la terza chiesa, sorse l’esigenza di farla prospettare da una piazza. A ciò provvide l’architetto di Corte,  Tommaso Maria Napoli (6). Il Re Carlo VI di Asburgo (7), a seguito del decesso del fratello maggiore, l’imperatore Giuseppe I, dovette abbandonare il regno di Spagna e rientrare a Vienna per essere incoronato imperatore del Sacro Romano Impero. In conseguenza di ciò il trono di Spagna passò a Carlo III di Borbone (8). Non tutte le città spagnole accettarono il passaggio del trono dagli Asburgo ai Borbone, i quali furono costretti a conquistare alcune città catalane che non gradivano la nuova monarchia. Tra queste Barcellona, che, dopo un lungo assedio, fu espugnata da Filippo V (primo Re di Spagna della stirpe dei Borbone), il quale al fine di arrecare dispiacere (e, forse anche, dispetto) al suo predecessore fece eliminare, tra le altre cose, la piramide con la statua di Maria Vergine eretta in Barcellona proprio per volontà del Re Carlo VI. Il Regio architetto, approfittando di tale situazione. sottopose al re il suo progetto di innalzare al centro della piazza e al di sopra di una altissima colonna una statua della SS. Vergine del Rosario. Il Re stimò bene che, “Palermo, Metropoli della Sicilia”, avesse una tale statua che raffigurasse, anzicchè il simulacro della SS.  Vergine del Rosario, quello della Immacolata Concezione (alla quale era molto devoto), e all’uopo ordinò il prelievo delle somme necessarie alla realizzazione di tale opera dal suo patrimonio (spese per la espropriazione delle case da demolire, costruzione della piazza, realizzazione dell’opera) (9) e con l’ordinanza del Tribunale si diede inizio alla fase esecutiva dei lavori. L’8 dicembre 1724, dopo pranzo, con la presenza del Vicere Joaquin Fernandez Portocarrero (10),  dei membri del Consiglio e  del Senato, di tutti i Ministri regii e di tutte le altre autorità, tra il fuoco a salve di due compagnie di granatieri, il priore del Convento P. Biancardi benedisse la prima pietra che venne sistemata nel fosso ove sarebbe stata eretta la colonna, e ivi sotterrata unitamente a una medaglia che da una parte aveva incisa la colonna con intorno la leggenda “Sacrum Immaculatea Virginis Tropheum” e dall’altra parte la iscrizione “Exturbata Barchinonae ex Caroli VI imperatorio voto Panormi resurgit Anno MDCCXXIV” (11). Il 23 ottobre 1726 si alzò la colonna di marmo grigio (12), benedetta dal priore del convento padre Pietro Antonio Maiorana, in cima alla quale, il 9 novembre 1726 si collocò la statua della Immacolata Concezione (13).  Il 2 aprile 1727 si pose ai suoi piedi la statua di Carlo VI e il giorno successivo quella dell’imperatrice Elisabetta Cristina, statue modellate tutte, su disegni e dimensioni dell’ing. Giovan Battista Amico, da Giovan Battista Ragusa (14) che assunse in appalto, tali lavori,  per il compenso di 130 onze. Le statue sul basamento dei quattro angeli furono eseguite, quella con la spada sguainata dallo stesso Ragusa, le altre da Vincenzo e Giacomo Vitaliano e Giuseppe Marino. La balaustra marmorea del basamento era sormontata da 28 vasi di marmo scolpiti da Alberto Columba (per onze 105). Poiché la piazza era popolata da taverne, fondachi e case di tolleranza era stato predisposto un servizio di guardia al monumento, i cui soldati pare che fossero acquartierati nel vicolo della Guardiola, che assunse tale denominazione proprio per l’esistenza del ricovero del picchetto armato.

In conseguenza dell’ascesa al trono di Carlo III di Borbone, le statue di Carlo VI e della moglie vennero rimosse il 12 giugno 1735 e sostituite il 7 febbraio 1750 dalle statue dei nuovi regnanti.  Le vecchie statue rimosse, accatastate su un carrozzone, furono trasportate in fonderia, le tabelle del basamento che portavano incisi i nomi dei regnanti furono scalpellate e la piazza perdette il nome di piazza Imperiale. Le statue del re Carlo III e della regina Maria Amalia furono modellate da Procopio Serpotta (15) su disegno e dimensioni di Gaspare Serenario (16) così come asserito dal frate cappuccino Fedele da S. Biagio (17),

 

Il 12 gennaio 1848 scoppiò a Palermo la rivoluzione. Il moto siciliano fu il primo, in un anno colmo di rivolte popolari, ad avviare in Europa quell’ondata di moti rivoluzionari che la sconvolsero.   Purtroppo il furore di una rivoluzione non rispetta i monumenti, infatti le statue di Carlo III e della moglie Maria Amalia, seguendo la sorte di quelle che effigiarono i loro predecessori, fecero la medesima misera fine, furono portate in fonderia probabilmente per trasformarle in cannoni.

 

* LC MI Galleria – Ib-4

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  • dei baroni di S. Gennaro, 1834-1806, storico e paleografo siciliano;
  • 1428-1492, domenicano, vescovo, storico e umanista siciliano,
  • 1413-1483, domenicano, teologo, filosofo e matematico, procuratore generale dell’ordine, inquisitore generale di Sicilia, amico di papa Sisto V che lo nominò vicario generale dei domenicani;
  • 1406-1456, Simone Beccadelli, arcivescovo di Palermo, presidente del Regno;
  • 1607-1683, domenicano, teologo e matematico;
  • 1665-1725, domenicano, costruì le due celebri ville Valguarnera e Palagonia a Bagheria;
  • 1685-1740, imperatore del Sacro Romano Impero, coniugato con Elisabetta Cristina di Brunswick Wolfenbuttel;
  • 1716-1788 Carlo di Borbone Spagna fu colui che dette inizio alla dinastia Borbone Napoli, sposò Maria Amalia di Sassonia, che divenne Regina consorte di Napoli e Sicilia, prima e poi Regina Consorte di Spagna;
  • Sistema in uso per le espropriazioni: l’ingegnere della R. Corte determinava l’indennità che veniva depositata alla “Tavola” a nome degli espropriati. Il Tribunale del R. Patrimonio, esaminati gli atti e i titoli di proprietà prodotti dai proprietari emetteva il mandato di pagamento.
  • Marchese di Almenara, 1681-1760, cardinale;
  • Il cronista riferisce che tale iscrizione, fatta da Giacinto Longo Messinese Presidente del Concistoro, contenesse due errori; il primo nella parola “exturbata” che riferendosi a “tropheum” avrebbe dovuto essere al maschile “exturbatum”, e il secondo nella parola “Barchinone” che si scrive senza dittongo.
  • Il monolite fu cavato alla contrada Pietrazzi, dalle falde del monte Billiemi, nella proprietà di Mario Maria Joppolo principe di S.Elia che ebbe un indennizzo di 6 onze e 12 tarì;
  • in b.onzo, fusa in una fonderia palermitana, del peso di 90 cantara (pari a Kg. 7.140,60).
  • ?-1727 Scultore del barocco siciliano.
  • 1679-1756 Figlio naturale di Giacomo Serpotta (ignoto il nome della madre) fu scultore e decoratore, formatosi nella bottega del padre e dello zio Giuseppe, apprendendo, sopra tutto, la tecnica dello stucco.
  • 1694-1759 pittore palermitano.
  • Matteo Sebastiano Tirrito detto Fedele da S. Biagio – 1717-1801 Pittore monaco cappuccino il cui corpo mummificato trovasi custodito nelle Catacombe dei Cappuccini.

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