UN SEGNO TANGIBILE

(Gabriella Maggio)

Il soprannaturale ha bisogno del sostegno del naturale. Un dito, un capello, un brandello di stoffa, un dente sono elementi rassicuranti che certificano ciò che non si vede e guidano alla comprensione del soprannaturale. Sin dal Medioevo le reliquie, quello che i santi hanno lasciato agli uomini,  sono state un valido supporto per la fede e hanno indotto i fedeli a visitare  santuari e città  per vederle e ottenere grazie. Le città meta di pellegrinaggio sono state in primo luogo Roma e Gerusalemme. Ma non c’è stato santuario, per quanto periferico, che non avesse qualche reliquia da mostrare ai fedeli, da contendere o rubare ad altri santuari. I Baresi per esempio s’impadronirono del corpo di S. Nicola, mentre i Genovesi delle ceneri di S. Giovanni. L’unicità  o l’autenticità della reliquia è stata  ritenuta poco rilevante, perché l’importante è crederci. La Chiesa soprattutto nei tempi antichi non ha contrastato il culto popolare. Ma i dubbi sono  cominciati presto. Guiberto di Nogent nel XII sec. nel libro  De pigneribus sanctorum attaccò i monaci di Saint Medard di Soissons che sostenevano di possedere un dente da latte di Gesù e di speculare sulla credulità dei semplici. Nel XIV sec. Giovanni Boccaccio ha creato il personaggio di frate Cipolla protagonista di una novella  del Decameron  che con grande disinvoltura mostra ai fedeli  i carboni su cui è stato bruciato S. Lorenzo. Ma lui stesso nella vecchiaia, cedette alla superstizione diventando un vero collezionista di reliquie. Se si raccogliessero insieme tutte le reliquie di un santo sparse nelle varie chiese ci si stupirebbe del loro numero;  tutti  i denti di S. Apollonia, protettrice dei dentisti, venerati in varie chiese, pesarono di più di tre chili.

 

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