IL TRIBUNALE DELL’INQUISIZIONE

(Francesco Paolo Rivera *)

A Palermo, in piazza Marina, esiste un vecchio palazzo conosciuto da tutti, sede del Rettorato dell’Università, che viene denominato “Palazzo Steri” ma che è più corretto denominare “Palazzo Chiaramonte” dal nome di colui che lo fece edificare nel 1367, come si evince dalla epigrafe all’esterno del palazzo stesso:  ”Anno Domini millesimo trecentesimo septuagesimo septimo indicione quendecima magnificus dominus Manfridus de Claramonte presens opus fieri mandavit feliciter Amen”. Tale palazzo, denominato anche “Steri” perché palazzo fortificato (Hosterium) (1), fu la dimora di Manfredi Chiaramonte (2), divenendo, poi nel tempo, residenza dei re aragonesi (Martino I° e Bianca di Navarra) e residenza dei Vicerè spagnoli e fu anche teatro di uno dei primi moti insurrezionali tendenti a togliere il dominio della Sicilia alla Spagna per affidarlo a Marcantonio Colonna (Congiura dei Fratelli Imperatore). Nel 1605 venne ristrutturato (con la costruzione delle sale di tortura e di interrogatori, delle celle per i detenuti e delle gabbie per i condannati) per insediarvi il Tribunale dell’Inquisizione del Santo Uffizio con il terribile carcere dei Penitenziati (3), e rimase tale fino al 1782, anno in cui, su suggerimento del Vicerè Caracciolo, il Re Ferdinando I° di Borbone ordinò la cancellazione della SS. Inquisizione e la chiusura del penitenziario.  Successivamente il palazzo fu adibito prima a sede del Rifugio dei Poveri di S. Dionisio, poi a sede  della Regia Impresa del Lotto e, ai primi dell’800 a palazzo di giustizia, e tale restò fino alla metà del secolo scorso, quando venne destinato all’attuale funzione di sede del Rettorato dell’Università. Il Palazzo era stato edificato su terreni paludosi del Convento di S. Maria di Ustica e di S.Onofrio alla Kalsa e nel tempo venne anche denominato Palazzo dei Tribunali o Palazzo dell’Inquisizione o Osterio e per i ruoli svolti portò a modificare la denominazione del quartiere Kalsa (denominazione di provenienza araba) in mandamento Tribunali. Il Tribunale ecclesiastico fu ritenuto necessario dalla Santa Sede, allo scopo di reprimere le eresie e altri tipi di reato, mediante l’intervento di propri delegati (Inquisitores) col compito di ricercare e giudicare gli eretici (o i presunti tali). La repressione si estese anche contro quegli arabi e quegli ebrei, che dopo le espulsioni –segretamente legati ai loro credi religiosi – abiurando pubblicamente erano rimasti in Sicilia. Ma, non volendo, in questa sede, trattare dei macabri eventi che, per circa tre secoli, si succedettero in quel palazzo, anche per mancanza di documentazioni ufficiali, infatti, in conseguenza della chiusura ordinata da Ferdinando I°, il Vicerè Domenico Caracciolo fece bruciare, in pubblico rogo, tutti i documenti relativi all’Inquisizione e distruggere i siti e gli strumenti di tortura (4), ma cercare di individuare i motivi che convinsero il Papa a procedere alla soppressione dell’ordine dei Gesuiti e alla conseguente chiusura del Carcere dell’Inquisizione. L’ordine deI Gesuiti, fondato nel 1534 da Ignazio di Loyola era stato riconosciuto dal Papa Paolo III° nel 1540, con la intenzione di farne lo strumento per la lotta contro Lutero. Nei circa duecento anni dalla fondazione tale Ordine era divenuto una potenza non solo nel campo ecclesiastico, ma anche e soprattutto nel campo politico, in grado di contrapporsi allo stesso Stato della Chiesa. Era presente non solo in tutti i paesi europei, ma anche nelle Americhe, ove  aveva accumulato immense proprietà terriere. Molti appartenenti all’ordine vivevano nelle principali famiglie reali e aristocratiche europee, come istitutori e consiglieri, influenzando nelle decisioni prese sia in campo religioso che, e soprattutto, in campo politico nell’interesse del loro ordine. In pratica l’ordine aveva raggiunto le massime vette ecclesiastiche, e spesso si intrometteva nelle vicende politiche degli Stati, Naturalmente il ruolo dei gesuiti nella metà del XVIII secolo era diventato invadente per tutti. Già nel secolo antecedente era iniziata la guerra ai gesuiti in America Latina in quanto, essendo contrari allo schiavismo, erano mal tollerati dai colonizzatori. Erano stati espulsi dal Brasile (nel 1754), dal Portogallo (nel 1759), dalla Francia (nel 1764), dalla Spagna (nel 1767), dal ducato di Parma (nel 1768) e più volte la corte borbonica aveva fatto pressione sul Papa Clemente XIII per sopprimere l’ordine. Con la morte di Clemente XIII il problema sorse nell’ambito della Chiesa di Roma, quando il Conclave fu chiamato a scegliere il suo successore. Dopo un Conclave, (durato ben tre mesi), fu eletto al soglio pontificio il frate minore conventuale Lorenzo Ganganelli che assunse il nome di Clemente XIV, eccellente teologo e filosofo (5). Appena eletto dovette affrontare due grandi problemi che affliggevano in quel momento storico la Chiesa: la corruzione e le lotte tra i sovrani cattolici. Egli condannò energicamente tutti gli episodi di corruzione avvenuti all’interno della Chiesa e con molta energia, cercò di riportare, fra i sovrani cattolici europei, la serenità nei rapporti tra gli Stati e la Chiesa.

Clemente XIV

Papa Ganganelli era perfettamente consapevole di come lo sviluppo del laicismo (fomentato dall’avvento dell’Illuminismo che alimentava l’ostilità contro i cattolici) poteva essere fermato rifondando la missione della Chiesa nella sua natura spirituale ed evangelica e non nella sua natura temporale. E malgrado ritenesse errato sopprimere i gesuiti, il 21 luglio 1773, con lettera apostolica “Dominus ac Redemptor”, decretò la soppressione della Compagnia di Gesù. Perché volle sopprimere la Compagnia dei Gesuiti? Ancora oggi è tema di discussione tra gli studiosi: Papa Francesco, in occasione della celebrazione dei 200 anni dalla ricostituzione dei gesuiti (27.09.2014) ha detto “La nave della Compagnia di Gesù è stata sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Anche la barca di Pietro lo può essere oggi. La notte e il potere delle tenebre sono sempre vicini. Costa fatica remare.”  Ludwig von Pastor (6) lo definì un segno di “resa” nei confronti della Corte borbonica anti gesuitica, e per compiacere i giansenisti (7) e i portoghesi di “Pombal” (8). Per padre Isidoro Liberale Gatti, confratello di Papa Clemente, si trattò di un atto di lungimiranza per salvare, sulla base del pensiero del suo predecessore Papa Benedetto XIV, il Papato e lo Stato della Chiesa dalle ingerenze delle potenze cattoliche. Questa ultima  ipotesi conclamata dallo storico Gatti, sulla base di inoppugnabili documenti, cancella la leggenda “nera” del Papa antigesuita, sostiene che l’elezione di Papa Clemente non fu frutto di ricatto, semmai di un compromesso tra le istanze delle corti europee antigesuitiche, e i cardinali che parteggiavano per essi, capeggiati dal Segretario di Stato Luigi Maria Torrigiani. Papa Ganganelli, da grande giurista quale era, era partito dal principio che il Pontefice ha i poteri per approvare una nuova Congregazione e anche quelli per scioglierla: e secondo il suo biografo, il suo desiderio era quello di riformare la Compagnia, cosa tentata circa due secoli prima da Papa Sisto VI (e non riuscita), che forse avrebbe evitato lo scioglimento. Nella lettera apostolica “Dominus ac Redemptor” – che si compone di quarantacinque paragrafi -, il Papa spiega, all’inizio, le ragioni del suo operato con la seguente frase: “Nostro Signore è venuto sulla terra come Principe di pace. Questa missione di pace è stata trasmessa agli apostoli come dovere per i successori di San Pietro, una responsabilità che il Papa deve mantenere con l’incoraggiamento delle istituzioni e rimuovere, se necessario, gli impedimenti alla pace stessa. Quindi non solo per colpevolezza ma anche per il volere turbare l’armonia e la tranquillità nella Chiesa, si può giustificare la soppressione di un ordine religioso.” E, continuando, dopo avere esaminate tutte le ragioni per cui si debba procedere alla estinzione della Compagnia di Gesù, pronuncia la sentenza ufficiale di soppressione, senza, però, condannarne l’operato. Pare che alcuni Cardinali che parteciparono all’ultimo conclave che ha eletto al soglio pontificio Papa Bergoglio gli abbiano suggerito ironicamente (in considerazione del fatto che egli appartenesse all’ordine dei gesuiti) di assumere il nome di “Clemente XV per vendicare Clemente XIV che sciolse la Compagnia”. L’anno successivo (1774) Papa Ganganelli morì (secondo molti …“grazie all’intervento dei gesuiti”), ed è bene notare quanto detto, nella orazione funebre, dall’ex gesuita Simone Mattzel  “quanti mezzi non ha impiegati il Santo Padre per il corso di cinque anni per evitare di venire a questo estremo! No, non fu odio, ma il suo zelo per la tranquillità della Chiesa che armò il suo braccio paterno del fulmine che ci ha colpiti.” Nel 1781 (e fino al 1786) venne nominato Vicerè Domenico Caracciolo marchese di Villamaina, il quale, avendo svolto per circa un decennio la carriera diplomatica a Parigi, ove fu in contatto con gli ambienti dell’Illuminismo francese, mise in atto una politica riformista in Sicilia cercando di favorire il rinnovamento del Regno e naturalmente entrando in conflitto con l’aristocrazia e il clero locali. Ebbe la collaborazione dell’Inquisitore generale del Regno, il Vescovo Salvatore Ventimiglia (9) nell’abolizione del Tribunale del Santo Uffizio. Con il trascorrere del tempo l’attività di tale Tribunale si era rivolta alla vigilanza dei testi ritenuti direttamente o indirettamente pericolosi alla dottrina cattolica e, riducendosi, in ultimo, a  istituzione di ordinaria amministrazione per la tutela del buon ordine, della fede e dei costumi nella vita interna della Chiesa; fino a che il 7 dicembre 1965, alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano Secondo, la Congregazione del Santo Uffizio venne trasformata in “Congregazione per la dottrina delle fede”, con compiti connessi alla promozione della ricerca teologica.

* LC Milano Galleria

 

  • In quanto edificato a pochissima distanza dalla Cala, principale porto naturale della antica Sicilia, nel quale approdavano navi sia amiche che nemiche;
  • Capitano giustiziere di Palermo, Ammiraglio del Regno, conte dell’immenso feudo di Modica (detto “Regnum in Regno”), imparentato con quasi tutte le più importanti famiglie siciliane, rappresentante della fazione latina della famiglia, avversa a quella catalana, e dopo di lui di Andrea Chiaramonte, che fu l’ultimo membro di tale famiglia a dimorarvi, in quanto – sconfitto dagli Aragonesi – venne decapitato proprio nella piazza antistante il palazzo;
  • In tale palazzo, per quasi tre secoli gli inquisitori interrogarono, torturarono e uccisero uomini, donne, ebrei, giudei, frati, suore, nemici politici, semplici poveracci. Il detto popolare “lu raggiu di lu Sant’Uffizio nun cunsigna mai” serviva a indicare che dalle celle (dette “filippine” perché fatte costruire da Filippo III°) del Sant’Uffizio chi entrava non aveva molte probabilità di uscirne vivo: Si dice che delle circa ottomila persone, colà detenute (di cui circa milleseicento donne), solo 714 andarono assolte, 588 furono condannate al rogo (la Santa Chiesa abhorret a sanguinem, quindi quale migliore sistema, per la eliminazione corporale dei condannati, del fuoco purificatore?) e le altre, condannate a pene corporali di varia natura, finivano in quel luogo i loro giorni. Secondo Giuseppe Pitrè le donne occupavano le celle al pianterreno, mentre gli uomini quelle al primo piano. “E’ incredibile come delle donne non rimanesse traccia di sorta – scrisse il Pitrè – mentre degli uomini balzano fuori prove luminose a profusione”;
  • Sono rimasti, grazie al personale intervento di Giuseppe Pitrè (grattate da lui stesso, con martello e scarpello), parecchie delle iscrizioni e delle incisioni lasciate dai detenuti alle pareti delle celle, ricoperte dall’intonaco e altre rinvenute durante gli ultimi restauri;
  • seguace della dottrina filosofica della scozzese Giovanni Duns Scoto (1263-1308), provetto cavallerizzo, ispiratore del Giubileo del 1775, uomo devoto, sempre pronto ad atti di pietà verso i poveri, gli infermi, la gente comune, mitigò alcune norme anti-giudaiche, fu amico dei “santi” del suo tempo (Paolo della Croce, Alfonso de’ Liguori), combattè la prostituzione, la libertà dei costumi, la pedofilia. Viene definito dagli studiosi contemporanei, per tali sue azioni moralizzatrici, antesignano di Papa Bergoglio. Pare che al momento della sua elezione alcuni suoi sostenitori l’abbiano invitato ad assumere un impegno circa la soppressione della Compagnia di Gesù, ma egli rifiutò;
  • storico e diplomatico tedesco poi naturalizzato austriaco, (1854 – 1928);
  • movimento religioso, filosofico e politico, del XVII secolo, che si basava sulla teologia di Cornelius Otto Jansen detto “Giansenio” teologo, filosofo e vescovo olandese, sulla concezione della grazia, della predestinazione e della libertà;
  • Pombal è una città portoghese: Sebastian Josè de Carvalho e Melo marchese di Pombal, diminuì il potere della Chiesa, sottopose il Tribunale dell’Inquisizione ai poteri dello Stato e nel 1759 espulse la Compagnia di Gesù dai territori portoghesi, e ne incamerò tutti i beni e particolarmente quelli in Brasile;
  • Il Cappuccino Luigi da Cefalù nel 1775 venne censurato per la sua interpretazione, contraria alle teorie ecclesiastiche, del concetto di Predestinazione e di Grazia, e – allo scopo di difendere le proprie idee e anche la propria persona – chiese un solenne giudizio da parte della “Suprema” circa la controversia. Il Vescovo Ventimiglia appoggiò la sua richiesta e sottoponendo la questione a trenta teologhi di tutto il Regno, i quali nel gennaio del 1782 dichiararono che le teorie del cappuccino Luigi da Cefalù corrispondevano alla dottrina cattolica di Agostino, Fulgenzio e Prospero. Dopo due mesi il Santo Uffizio di Sicilia fu soppresso.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy