ERA LA QUARESIMA DEL MARZO 415

Carmelo Fucarino*

Premesso che da parte mia tutto quello che osanna il GENDER (brutto barbarismo) è lontano dalla mia UMANITA’ e che “femminicidi” e “maschilicidi” sono esclusivamente omicidi (VI comandamento, “Non uccidere”). E i concorsi sono aperti a tutte le menti, di femmine e maschi. Perciò concordo che ministra per le pari opportunità e la famiglia sia una donna, anche se non per sua colpa parla in un’aula vuota. Forse sarebbe il caso di parlare di donne e uomini, ora che si vuole eliminare il “genere” grammaticale anche nei nomi comuni con un asterisco o il segno della schwa o scevà, che sostituisca l’identità di genere ‘o’ o ‘a’ (sedi*, martell*, per dire sedia e martello, manca nelle lingue moderne il neutro come in greco e latino) e si stanno proponendo mozioni internazionali e nazionali o approvando in Italia la legge per scegliere anche il cognome paterno o materno. Credo per ragione che la violenza non è di genere. Poi si può celebrare solo quella contro le ‘donne’ (non femmine). Come la capacità intellettuale. Come la fragile carne che non si ferma ai generi. Voglio comunque avviare la discussione con il primo omicidio, targato di genere. Per invidia della fama o per sesso? Ognuno dà la sua versione. Ma forse non mancò nella narrazione una prima lotta religiosa cruenta allora tra cristiani, copti e pagani. Come le Crociate e i vari terrorismi religiosi (cattolici e sette protestanti, ebrei ashkenaziti e i sefarditi, islamici sunniti e sciiti). Perdonatemi, ma da sempre di Ipazia si ritenne non un femminicidio, ma una versione anticristiana. Si narra della grande matematica e filosofa (secondo il lessico Suda, autrice di un Canone astronomico). A. «Un gruppo di cristiani dall’animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo.» (Socrate Scolastico, Storia Ecclesiastica, VII, 15).

  1. ««In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici. Il governatore della città l’onorò esageratamente perché lei l’aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume…Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi. Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un’alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno. Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono ‘il nuovo Teofilo’ perché aveva distrutto gli ultimi resti dell’idolatria nella città.» (Giovanni di Nikiu, Cronaca).
  2. «Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c’era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare. Quando Ipazia uscì dalla sua casa, secondo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d’origine» (da Damascio, Vita Isidori).

Ma pure:

«Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto,
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura.».

(Pallada, Antologia Palatina, IX, 400).

Così anche io, della casa astrale della Vergine, amo Ipazia, come tutte le donne, che secondo la Genesi sono parte della medesima carne umana e ci ricorda l’Ermafrodito platonico, che si sarebbe differenziato per evoluzione e trasmissione della “specie” (Charles Robert Darwin).

  • L.C. Palermo dei Vespri

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