LA LEGITTIMA DIFESA

Ciro Cardinale*

Secondo l’articolo 52 del codice penale “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

  1. a) la propria o la altrui incolumità:
  2. b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.” Posso allora uccidere il ladro che è entrato in casa mia per rubare, dicendo che si è trattato di “legittima difesa”? Per rispondere al quesito, dobbiamo prima di tutto analizzare questo articolo del codice penale e capire come funziona la legittima difesa. Innanzi tutto occorre che ci sia un “pericolo attuale di un’offesa” e non un pericolo passato, in quanto – ad esempio – posso aggredire per difendermi chi mi sta picchiando, ma non posso farlo se invece la minaccia è solo verbale, pensando solo che potrebbe trasformarsi in una aggressione fisica; è necessario poi che l’offesa sia “ingiusta”, quindi che si tratti di un torto o di un evento dannoso, e che ci sia la “necessità di difendere un diritto proprio od altrui”, cioè una urgenza tale da non consentire nell’immediato di ricorrere ad altre soluzioni per tutelarsi, come nel caso in cui aggredisco il ladro che mi minaccia con la pistola, mentre non posso sparare al ladro che sta già scappando con la refurtiva, in quanto l’uso della forza è legittimo solo quando non vi siano altri modi per tutelarsi, come chiamare la polizia o allontanarsi da quel luogo e da quella situazione. Bisogna in pratica trovarsi “con le spalle al muro”, senza nessun’altra alternativa se non quella tra reagire o subire. Ancora, ci deve pure essere una proporzione tra offesa e difesa, perché non si può, davanti ad una aggressione solo verbale, anche se violenta, prendere la pistola e sparare. Infine, perché ci sia legittima difesa è pure necessario non essersi messi volontariamente nella situazione di pericolo. Così chi accetta di partecipare ad una rissa o provoca un’altra persona sino a suscitare la sua reazione violenta, non può poi giustificarsi invocando la legittima difesa. A questo punto abbiamo tutti gli elementi per dire che, per invocare la legittima difesa davanti all’uccisione del ladro entrato in casa per rubare, occorre dimostrare la ricorrenza di tutti questi requisiti richiesti dall’articolo 52 del codice penale, prova che deve fornire l’aggredito che invoca la legittima difesa e che talvolta è davvero difficile dare nelle circostanze concrete in cui si sono verificati i fatti. Però, per salvaguardare la tranquillità della propria abitazione dall’improvvisa aggressione di un intruso che entra in casa, l’ultimo comma dell’articolo 52 prevede una presunzione: si presume cioè che “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”. In questo modo, di fronte al ladro che entra in casa armato per rubare, non spetta più al proprietario della casa che abbia ucciso il ladro dimostrare di essersi trovato in una situazione di pericolo grave ed imminente e che la propria reazione è stata proporzionata all’offesa per invocare la legittima difesa, ma spetta invece al malvivente fornire la prova contraria che l’offesa ricevuta supera i limiti della legittima difesa. Da tutto ciò abbiamo allora capito che si può uccidere per legittima difesa solo quando questo sia l’unico modo per difendersi o difendere i propri cari e non i propri beni da un’aggressione violenta e diretta, non avendo nessun’altra alternativa valida, perché – come ha affermato pure la Corte di cassazione – il ricorso alla forza, anche provocando la morte di un uomo, può ritenersi giustificato soltanto se assolutamente necessario per assicurare la difesa delle persone da una violenza illegale.

*L.C. Cefalù

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